Tre volumi per i novant’anni di don Antonino Denisi: prete e studioso. Un “erudito della vita vissuta”
Don Antonino Denisi ha “saputo fare il prete” ma “quando ha fatto ricerca è stato uno studioso rigoroso”. Così lo storico Andrea Riccardi presenta i tre volumi, editi da Laruffa, pubblicati da mons. Denisi e che raccolgono i suoi scritti prodotti in tanti anni, come storico della Chiesa reggina e studioso delle migrazioni dal sud Italia e da e per la Calabria. Scritti e relazioni pubblicati su saggi o su riviste e giornali ed ora raccolti in questa corposa pubblicazione: “L’archidiocesi di Reggio Calabria. Vescovi, clero, parrocchie”, “Emigrazione e immigrazione in Calabria. Storia, cultura, dimensioni del fenomeno” e “Santità, religiosità e pietà popolare nella Chiesa reggina”. Il sacerdote ha festeggiato recentemente i suoi primi 90 anni di vita. Un “erudito della vita vissuta” lo ha definito qualche giorno fa il giornalista Angelo Scelzo
Don Antonino Denisi ha “saputo fare il prete” ma “quando ha fatto ricerca è stato uno studioso rigoroso”. Così lo storico Andrea Riccardi presenta i tre volumi, editi da Laruffa, pubblicati da mons. Denisi e che raccolgono i suoi scritti prodotti in tanti anni, come storico della Chiesa reggina e studioso delle migrazioni dal sud Italia e da e per la Calabria. Scritti e relazioni pubblicati su saggi o su riviste e giornali ed ora raccolti in questa corposa pubblicazione: “L’archidiocesi di Reggio Calabria. Vescovi, clero, parrocchie”, “Emigrazione e immigrazione in Calabria. Storia, cultura, dimensioni del fenomeno” e “Santità, religiosità e pietà popolare nella Chiesa reggina”.
Il sacerdote ha festeggiato recentemente i suoi primi 90 anni di vita.
E’ stato ordinato presbitero nel 1953: è nato, infatti, a Reggio Calabria nel 1931 e durante sessantotto anni di sacerdozio ha svolto numerosi incarichi di parroco ma anche segretario particolare del vescovo monsignor Aurelio Sorrentino, prima a Potenza dal 1967 al 1977, e poi a Reggio Calabria dal 1977 al 1990.In questi anni ha anche collaborato con diversi quotidiani cattolici ed è stato autore di diversi saggi e pubblicazioni storiche sulla Chiesa reggina e calabrese.I volumi sono dedicati alla “sposa bella che ho amato e servito con amore filiale per la lunghezza dei giorni che l’eterno mi ha donato”; ai “migranti calabresi e a quelli di tutte le patrie, che con il lavoro e i loro sacrifici hanno contribuito a dare un volto nuovo alla Calabria” e alla “nobile Chiesa Reggina, ai suoi Pastori e al Popolo santo di Dio che ho cercato di servire con la parresia della mente e del cuore, perché risplenda nei secoli la gloria della sua santità”.
Tanti gli scritti su San Gaetano Catanoso e poi saggi su padre Dante Vittorio Forno “il sacerdote che non diceva mai basta”, su Polsi, sulle radici cristiane della città di Reggio Calabria, sulle comunità cristiane di fronte alla criminalità organizzata, sullo storico delle Chiese di Calabria, p. Francesco Russo, etc.Ma anche la storia dell’emigrazione da una terra che si è sparsa per il mondo.“Non si poteva fare storia della Calabria – scrive Riccardi – senza trattare della Calabria fuori dalla sua terra: regione di emigrazione e di emigranti la Calabria si è trovata negli ultimi anni ad essere terra di accoglienza a emigrati provenienti da altri continenti”. Una storia che inizia dalla tragedia di Marcinelle, in Belgio, dove persero la vita, nel 1956, 275 minatori di cui 136 italiani.A Marcinelle don Denisi perse suo zio Antonio che “morì per un sacco di carbone. E io a chiedermi, in quei giorni e in quelle ore, dove fosse Dio. Ma poi ho capito, Dio era lì sotto”.Se “non ci offre un vero trattato sulla pastorale delle migrazioni – scrive l’arcivescovo emerito di Catanzaro-Squillace e già presidente della Commissione Cei per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes, mons. Antonio Cantisani – ci fa almeno conoscere ciò che è necessario per chiunque – e l’impegno deve essere di tutti – coloro che vogliono operare proficuamente nel mondo delle migrazioni in modo tale che contribuiscono a far camminare l’umanità per le vie della giustizia e della pace”.Un “erudito della vita vissuta” lo ha definito qualche giorno fa il giornalista Angelo Scelzo.
Una figura che “ci ricordano, scrive Riccardi, il debito che abbiamo verso la generazione dei preti del Concilio”.
Raffele Iaria