Papa Francesco: alla diocesi di Roma, “la parrocchia non è club esclusivo, aprire le porte a tutti”
“Se la parrocchia è la casa di tutti nel quartiere, non un club esclusivo, mi raccomando: lasciate aperte porte e finestre, non vi limitate a prendere in considerazione solo chi frequenta o chi la pensa come voi”.
Lo ha detto oggi Papa Francesco, parlando ai fedeli della diocesi di Roma, ricevuti in udienza in Vaticano nell’imminenza del Sinodo diocesano che si aprirà ad ottobre. “Permettete a tutti di entrare – ha ribadito il Papa -. Permettete a voi stessi di andare incontro e lasciarvi interrogare, che le loro domande siano le vostre domande, permettetevi di camminare insieme: lo Spirito vi condurrà. Abbiate fiducia nello Spirito. Non abbiate paura di entrare in dialogo e lasciatevi sconvolgere dal dialogo: è il dialogo della salvezza. Non siate disincantati, preparatevi alle sorprese”.
Papa Francesco ha ricordato che “il cardinale vicario e i preti devono ascoltarsi, i religiosi, i laici devono parlare e ascoltarsi: non si tratta di raccogliere opinioni, non è una inchiesta ma si tratta di ascoltare lo Spirito Santo”.
“Sarebbe una figuraccia per il Papa, e anche per voi, che la diocesi di Roma non si impegnasse in questo Sinodo”, ha aggiunto a braccio. E poi, più avanti: “Ci sono molte resistenze a superare l’immagine di una Chiesa rigidamente distinta tra capi e subalterni, tra chi insegna e chi deve imparare, dimenticando che a Dio piace ribaltare le posizioni”.
“La Chiesa sinodale – ha precisato – ripristina l’orizzonte da cui sorge il sole Cristo: innalzare monumenti gerarchici vuol dire coprirlo. I pastori camminano con il popolo”, “a volte davanti, a volte in mezzo, a volte dietro”. “Davanti per guidare, in mezzo per incoraggiare e non dimenticare l’odore del gregge, dietro perché il popolo ha anche ‘fiuto’.
Ha fiuto nel trovare nuove vie per il cammino, o per ritrovare la strada smarrita”. Il Papa ha invitato perciò a non lasciare “fuori o indietro nessuno. Farà bene alla diocesi di Roma e a tutta la Chiesa, che non si rafforza solo riformando le strutture, dando istruzioni, offrendo ritiri e conferenze, o a forza di direttive e programmi, ma se riscoprirà di essere popolo che vuole camminare insieme, tra di noi e con l’umanità”.