La storia di Motta d'Este
Risale al 1178 la prima testimonianza dell’esistenza di Motta, dove si trovava un ospizio per i passanti bisognosi annesso alla chiesa di Sant’Andrea. Elevata a parrocchiale all'inizio del Seicento, la chiesa fu restaurata e ampliata nel 1680, e poi di nuovo all’inizio del Novecento.
La soluzione di una disputa per la divisione dei beni ereditari tra i marchesi d’Este Alberto, Obizzo e Bonifacio, risalente al giugno 1178, offre la prima testimonianza dell’esistenza di Motta, dove si trovava un ospizio per i passanti bisognosi annesso alla chiesa di Sant’Andrea, citata da documenti degli inizi del 1200 come Sant’Andrea di Pizo d’Ongaro.
Allo stesso modo è citata anche nella decima papale del 1297, nella quale risulta dipendente dal monastero di Sant’Andrea di Villa. Nel 1400 la chiesa era cappella di Castelbaldo, mentre nel 1571 risulta dotata di fonte battesimale e cimitero.
Dalla relazione della visita pastorale del 1614 sappiamo che la chiesa di Sant’Andrea era stata elevata a parrocchiale
È probabile che ciò avvenne quando fu affidata ai monaci olivetani di San Benedetto di Padova, per rispondere alle esigenze degli abitanti troppo lontani dalle chiese di Sant’Elena e di Este.
La chiesa fu restaurata e ampliata nel 1680, e poi di nuovo all’inizio del Novecento.
Nel 1923 il territorio parrocchiale fu ridotto dall’erezione della curazia autonoma di Deserto d’Este, una perdita compensata dall’aggregazione di alcune famiglie di Santa Maria delle Grazie di Este e di Marendole.