Le opere d'arte del Carmine
Le opere d'arte del Carmine
Vero e proprio scrigno di opere d’arte cittadino, la chiesa di Santa Maria del Carmine racconta, con altari, monumenti funebri, teleri, cantorie e affreschi, la storia dei Carmelitani e i profondi legami da essi intrecciati con la varia umanità che nei secoli passati animava il cosiddetto “borgo nuovo”: famiglie nobili, ricchi borghesi e il popolo lavoratore fatto di artigiani e commercianti. Le pareti soprastanti le cappelle laterali sono quasi interamente coperte da teleri secenteschi in gran parte dipinti da Giovan Battista Pellizzari e illustranti episodi storici e leggendari dell’ordine carmelitano. Vi si riconoscono le storie del profeta Elia (considerato il progenitore dei Carmelitani), lo scapolare miracoloso e il martirio di Carmelitani in Palestina. Nel 2005, in occasione di importanti lavori di restauro, la chiesa ha rivelato la presenza di affreschi di cui non si conosceva l’esistenza. Negli estradossi degli archi delle cappelle laterali sono infatti “riemerse” figure di profeti come Mosè, Malachia, Isaia, Elia e di sibille, ciascuno accompagnato da scritte a grandi caratteri in ebraico e latino, in buonissimo stato di conservazione e con i colori originari. L ’opera è attribuita a Dario Varotari che la realizzò nell’ultimo quarto del Cinquecento. Porta la sua firma anche il dipinto, posto nella controfacciata, con l’Annunciazione (foto a sinistra). Realizzata nel 1576, la tela presenta una elegante cornice costituita da una finta architettura dipinta all’interno della quale sono raffigurati l’angelo annunciante e la Vergine. Inferiormente trovano posto due riquadri rappresentanti il carmelitano fra Felice Zuccoli, teologo e predicatore padovano che ebbe la visione di Padova liberata dalla peste per intercessione della Madonna, e il padre provinciale Andrea Gribellato. Il quadro fu infatti donato dal comune alla chiesa del Carmine come segno di riconoscenza alla Vergine per la cessata pestilenza del 1576. Sull’altare maggiore è collocata la bella Madonna di dietro corte (foto a destra)anche detta “dei lumini”, opera cinquecentesca di Stefano dall’Arzere. Posta nel portico di una casa privata, fu oggetto di una tale devozione nel terribile periodo dell’epidemia da deciderne la traslazione all’interno della chiesa. Di notevole raffinatezza è l’altare della croce, monumento funebre al nobiluomo Vincenzo Montoni che, come altri aristocratici patavini, scelse di essere sepolto qui. Il paliotto, che reca al centro lo stemma della famiglia, fu realizzato da artigiani veneti tra il 1561 e il 1563, in marmo bianco scolpito e pietra colorata lavorata a tarsia. Può essere considerato un tipico esempio di scultura barocca l’altare delle anime, datato 1688 e attribuibile alla scuola di Filippo Parodi, artista genovese attivo, dal 1678, in Veneto. In quest’opera la struttura architettonica si dissolve e diventa cornice in forma di trionfo di angeli in volo tra nuvole di marmo policromo dal fortissimo effetto scenografico.