"Impariamo a riconoscere Gesù nella nostra vita"
Castelbaldo, lunedì sera. Il tempo d’Avvento quest’anno per le comunità affacciate sull’Adige, all’estremità sud orientale della diocesi, è anche tempo d’incontro col vescovo Claudio in visita pastorale. Pian piano la chiesa si riempie per una serata di preghiera e meditazione sul significato dei giorni che conducono al Natale.
Sono i giorni che nelle città e nei paesi sono scanditi dall’apparire di luminarie e alberi, dalle promozioni dei negozi e dalle casette in legno che iniziano a popolare le piazze del centro.
Ma per il cristiano l’Avvento è altro: un tempo liturgico, uno spazio in cui la Chiesa ci invita ad affidarci a Lei, e alla sapienza della liturgia, nel ripercorrere il mistero di Gesù.
Ed è da qui, che il vescovo Claudio prende le mosse per una riflessione scandita in tre momenti. «Forse non capiremo mai tutto, magari ogni anno sapremo prenderne e farne nostro un frammento, ma l’importante è affidarci e fidarci di una Chiesa che è madre, per camminare insieme come comunità».
In cammino, dunque. Ma verso dove?
Il Signore è già venuto è vissuto in pienezza e il male, tutto il male non solo la morte, lui lo ha già sconfitto. «E tornerà, il Signore – ricorda il vescovo – e quel giorno la sua vittoria si manifesterà per il mondo intero e il bene che abbiamo fatto apparirà in tutta la sua verità. Non dimentichiamoci mai che siamo profughi, in esilio, temporaneamente su questa terra ma già abitanti del cielo, già proiettati verso quella vita immortale di cui partecipiamo grazie al battesimo. Ecco perché dobbiamo lavorare sempre per il bene, senza compromessi, anche contro il male che è in noi. Un cristiano non ha altre strade che scegliere sempre il bene, è per sua natura un cultore del bene».
Eppure, Dio si tiene nascosto agli occhi di tanti. Il male, invece, si mostra e seduce, affascina
Dove si vede Dio? La domanda che il vescovo ha raccolto da un ragazzo in difficoltà, nei suoi giorni tra Castelbaldo, Masi e Piacenza d’Adige, non è banale. Ma la risposta è di fronte a noi, per chi vuole coglierla.
«La nostra chiesa, a cui ci affidiamo anche nella bellezza della liturgia, ci vuole educare a vedere Gesù. Dove? L’incarnazione è il suo “prendere corpo e carne” qui, dentro le nostre giornate, il lavoro, la famiglia. Prepararci al Natale vuol dire anche aiutarci, a vicenda, come comunità di cristiani, a riconoscere la presenza di Gesù nella nostra storia».
«E una volta riconosciuto – magari in un povero, in un anziano, in un bambino, nelle nostre esperienze quotidiane – farlo nostro per poterlo raccontare ai nostri figli. Perché la fede si trasmette quando Gesù non è più un’idea, ma una presenza viva tra noi».