Fu un caso o forse no, che mentre volavo da un capo all’altro del nostro paese, mi trovassi tra le mani il libro di Carlo Carretto Io, Francesco. Un libro a suo modo storico, di un trentennio fa, ma che suggerisco anche a voi, regalo di un amico che conosce la mia passione “storica” per Francesco di Assisi e trovò il libretto in un mercatino dell’antiquariato.
“Polvere siamo e polvere torniamo”. Ricordate: “cenere siamo e torniamo”. Inquinanti insomma, stando agli ultimi divieti: dalle auto fino alle stufe a legna o pellet. La guerra è scoppiata ai primi di dicembre, quando le colonnine di rilevamento sembravano essersi bloccate sui livelli di polveri sottili anche trenta volte superiori ai limiti europei. Un effetto domino da paura, con città assediate dallo smog una dopo l’altra, e primati che hanno portato la pianura padana ai vertici europei delle aree più inquinate.
Il filosofo Bacon diceva: «Perché la luce sia splendente, ci deve essere l’oscurità». Quindi ne consegue che, se tanta è l’oscurità, è più facile per noi cogliere il ben che minimo principio di luce. E non parlo della luce mostrata dalle insegne commerciali, dalle luminarie con il loro tripudio di colori, dagli alberi sfavillanti. Niente di tutto ciò può competere con la bellezza di una semplice candela accesa. Lo sappiamo. Lo vediamo. Lo capiamo.
Si è chiuso il vertice parigino sull'ambiente. L'accordo ottenuto è stato salutato da grande trionfalismo da parte dei politici, ma è stato ritenuto insufficiente da parte degli ambientalisti. Ecco perché, al di là delle grandi manovre, per salvare il pianeta, e in particolare la "Death valley padana", sia centrale una svolta nei comportamenti quotidiani di ognuno.
Spesso vengono descritte in pagine di racconti e poesia, infinite atmosfere di paesaggio. Descrizioni di ambienti che s’impossessano delle nostre fantasie per soggiogare lo scrittore, il poeta come l’attento osservatore. Ciò significa che quella visione ci è entrata dentro, e viceversa. A voi scegliere il verbo più calzante per chi rimane stupito davanti ad un paesaggio: vedere o guardare?
Offrire il “benvenuto”, rimane un gesto atavico di cortesia. Scontato, per un ospite che arriva nella terra che abitiamo, come nella casa in cui entra. L’etimologia della parola però, per colpa della nostra distrazione, sfugge ai più. “Benvenuto” infatti, sta per “arrivato bene” alludendo al viaggio, come pure “il tuo bene giunga in noi”.
La ricorderemo come l’estate delle “grandi ondate”: quella di calore (fino a 40 gradi) e dei migranti sbarcati o morti a migliaia. In entrambi i fattori le cause sono quasi tutte riconducibili agli interventi umani. C’è l’effetto serra acclarato che ha reso torrida l’estate record 2015, con il surriscaldamento del pianeta che invece di diminuire, aumenta per via della maggiore richiesta di energia da parte dei paesi emergenti. C’è poi “l’ondata” umanitaria dei profughi che infiamma la politica e l’umore dei paesi chiamati a ospitare chi fugge da guerre, carestie e povertà.
L’incandescente questione dell’immigrazione, è anche e soprattutto una questione di paesaggio! Ragioniamoci assieme: l’affermazione, per inusuale che si mostri, non serva però a rinfocolare le già copiose polemiche, su un fenomeno già ampiamente preannunciato da anni e puntualmente ignorato da chi doveva prevenire e gestire l’acuirsi di una fenomenologia sociale oggi diventata emergenza nazionale.
Cento anni: una manciata di polvere e storia. Un secolo: così vicino, così lontano. Parliamo di tempo, di storia e memoria. Noi così lontani dai fatti, chiamati in questi mesi a celebrare con il centenario della Grande Guerra, chi fu protagonista e non sopravvisse a quella storia. Ma parliamo anche di paesaggi, con i luoghi delle battaglie oggi trasformati in santuari e sacrari dedicati alla memoria. Strumenti per non dimenticare.
Letteralmente Expo è l’abbreviazione della parola inglese exposition che deriva dal latino exponere, mostrare. E di cose in questo periodo se ne vedono tante. Gli inviti ad andare a vedere, non si contano, con stime sparate per scongiurare il “flop” universale. Resteremo quindi a vedere. Scelgo intanto un’alternativa di cui – statene certi – nessuno vi parlerà: l’esposizione universale che sta sotto il nostro naso. Fuori di casa. In un bosco o prato. In un paesaggio o cielo stellato.