Sinodo sulla famiglia/8* La relazione famiglia-persona
“The last but not the least” come dicono gli inglesi, cioè “ultima ma non meno importante” tra le tematiche presenti nel questionario preparatorio inviato alle chiese locali in vista del sinodo sulla famiglia dell’ottobre prossimo, è la relazione tra la famiglia e la persona. I quesiti riguardano sostanzialmente quanto la fede incida o meno nel vissuto della vita familiare.
Se la fede ci dice che Gesù Cristo rivela appieno il mistero e la vocazione dell’uomo, l’esperienza ci attesta che è la famiglia il luogo privilegiato perché si realizzi questo incontro col mistero rivelato. Normalmente infatti la persona nasce in famiglia, cresce e viene educata in seno alla famiglia. Per questo san Giovanni Paolo II ha potuto dire sia che «l’uomo è la via della chiesa» sia che «la famiglia è la via della chiesa».
Anche papa Francesco nella sua enciclica Lumen fidei scrive che «il primo ambito in cui la fede illumina la città degli uomini si trova nella famiglia» (n. 52). La famiglia è il luogo per eccellenza della trasmissione della fede e il contesto dell’educazione primaria alla fede.
Detto ciò è forse scontato rilevare che mai come oggi la famiglia è chiamata a svolgere un compito a volte improbo e, forse, anche eccessivamente caricato di attese. La cultura in cui si muove l’educazione familiare è segnata da una profonda crisi antropologica; da una soggettivizzazione dell’etica e da una visione “iperindividualistica”, che mettono alla corda i principi e i cardini su cui si fondava la famiglia. Così sappiamo dell’aumento delle convivenze, della paura e delle difficoltà dei giovani a sposarsi e poi a generare. Della fatica di chi si sposa a mantenere la promessa di un amore fedele e indissolubile, con l’aumento della litigiosità e dei conflitti familiari che coinvolgono spesso i figli, fino alla separazione e al divorzio. Inoltre la crisi economica e lavorativa che stiamo attraversando mette a dura prova o rende difficile la comunione e l’armonia in seno alla famiglia. Il tempo da dedicare a essa pare a volte una chimera; le relazioni tra i coniugi e i figli si fanno più precarie e anche il riferimento alla parrocchia e alle sue iniziative riscontra varie difficoltà rispetto a un passato di maggior integrazione con il tessuto socio-ecclesiale.
Si capisce come dinanzi a una diagnosi tanto umbratile sugli attuali destini della famiglia non si possa comunque restare fermi e rassegnati, perché «la fede non è un rifugio per gente senza coraggio – afferma con forza papa Francesco – ma la dilatazione della vita. Essa fa scoprire una grande chiamata, la vocazione all’amore, e assicura che quest’amore è affidabile, che vale la pena di consegnarsi a esso, perché il suo fondamento si trova nella fedeltà di Dio, più forte di ogni nostra fragilità» (Lumen fidei n.53).
L’orizzonte del sinodo sarà allora quello di riuscire a far emergere di più la differenza cristiana. La comunità cristiana si è certo già attivata a tal proposito, sia attraverso una seria riflessione sul valore umano e cristiano del matrimonio – si pensi nell’immediato postconcilio al bel documento dei vescovi Evangelizzazione e sacramento del matrimonio (1975) – sia attraverso varie iniziative pastorali, una su tutte i corsi di preparazione al matrimonio per i fidanzati, divenuti in molti casi dei veri e propri percorsi di formazione umana e cristiana. E va ricordato che una ventina di anni fa la Conferenza episcopale italiana ha promulgato il Direttorio di pastorale familiare per la chiesa in Italia (1993), con un sottotitolo assai significativo: Annunciare, celebrare, servire il “Vangelo della famiglia”.
Ebbene il sinodo sulla famiglia dovrà riprendere, riscoprire e annunciare il vangelo della famiglia, la lieta notizia del matrimonio in Cristo in tutta la sua bellezza. Ci è data l’occasione quindi non tanto o solo di parlare o soffermarci sulla situazione dei divorziati, sulle nuove convivenze, sulle unioni omosessuali o sulle varie situazioni pastorali difficili. Ben di più, la chiesa ha l’occasione di annunciare la verità dell’amore, espresso nel sacramento del matrimonio. È la bellezza dell’amore in Cristo degli sposi che affascina e convince. «Dobbiamo contribuire, con le parole e i fatti, a far sì che le persone trovino la felicità nella famiglia e in tal modo possano dare alle altre famiglie testimonianza di questa loro gioia», scrive il card. Walter Kasper.
Certo ogni famiglia fa i conti, dicevamo, con le sue fragilità e precarietà. È difficile oggi sia “metter su casa”, come poi “tenerla in piedi”. Per questo è necessario e urgente che ogni famiglia cerchi di fare del proprio meglio per vivere la fede della chiesa tessendo e ritessendo un legame con la comunità cristiana. E penso qui, per esempio, al sostegno e all’accompagnamento dei gruppi di spiritualità familiare o dei gruppi biblici e catechistici. Se poi, nelle difficoltà si saprà mantenere vivo il rapporto con Dio, per esempio cercandolo nell’ascolto della sua Parola e nei sacramenti della chiesa; pregando insieme in coppia e in famiglia, per riscoprire in Lui il garante del legame sacramentale, allora si scoprirà pure che il vangelo dell’amore è più forte di ogni nostra fragilità e infedeltà. E la famiglia diventerà di nuovo testimone della bellezza e della gioia della fede, il luogo dell’incontro con il vangelo della vita e dell’amore.