Sinodo sulla famiglia/7* L'apertura degli sposi alla vita
L’enciclica Humanae vitae e le tecniche contraccettive hanno diviso il mondo cattolico, alimentando uno “scisma sommerso” che non può non interrogare la chiesa, e che oggi si somma ai delicati interrogativi aperti dalle nuove frontiere della procreazione assistita. La vera sfida, insomma, è quella di capire il senso del "generare".
Il questionario inviato dalla segreteria del Sinodo a tutte le diocesi in preparazione alla prossima assemblea sulla famiglia dedica la settima domanda alla procreazione responsabile e più in particolare alla conoscenza dell’enciclica Humanae vitae che, all’indomani del Concilio, ha concretizzato le indicazioni conciliari su questo tema.
Il Concilio ha segnato una tappa fondamentale sul tema della fecondità degli sposi, consegnando loro il diritto e il dovere di vivere il loro matrimonio con un’apertura alla vita generosa e responsabile. Generosa perché i figli sono un dono prezioso del matrimonio; responsabile perché spetta alla loro coscienza debitamente formata arrivare a esprimere un giudizio responsabile circa il numero dei figli. Nel 1968, tre anni dopo la conclusione del Concilio, Paolo VI ha pubblicato l’enciclica Humanae vitae che affrontava la spinosa questione dei metodi per regolare la fertilità della coppia, visto che nel Concilio non si era trovato un accordo condiviso su questo tema. La scelta di Paolo VI è stata quella della continuità con la tradizione, senza aprirsi, come molti si aspettavano, alle nuove tecniche e in particolare alla pillola contraccettiva.
L’impatto di questa decisione non è stato semplice, come può testimoniare il fatto, unico nella storia, che quasi tutte le conferenze episcopali del mondo sentirono la necessità di scrivere un documento per spiegare questa enciclica ai cristiani. All’indomani della pubblicazione dell’Humanae vitae si sono aperte due strade nella chiesa: la prima ha visto crescere la ricerca sui cosiddetti metodi naturali e con essa anche l’approfondimento delle motivazioni e del senso antropologico, prima ancora che etico, di questa scelta; un contributo fondamentale l’ha dato Giovanni Paolo II e le diverse scuole che hanno accompagnato gli sposi a scoprire e conoscere questi metodi.
La seconda strada è quella che molti sposi cristiani hanno imboccato facendo scelte diverse da quelle indicate dalla chiesa, prima come decisione consapevole e, negli anni successivi, senza nemmeno porsi il problema morale o liquidandolo in fretta. Non è esagerato affermare che su questi temi assistiamo a un vero e proprio “scisma sommerso” che non può non interrogare la chiesa che si appresta a celebrare un sinodo sulla famiglia. È passato quasi mezzo secolo da quei fatti e oggi l’apertura alla vita si trova alle prese con altre questioni legate alle nuove tecniche di procreazione assistita. Il dibattito si è concentrato su queste nuove frontiere e anche nel dibattito presinodale le questioni legate all’enciclica di Paolo VI sembrano dimenticate rispetto a quanto sta avvenendo per il tema del divorzio e delle seconde nozze.
Credo che il Sinodo riaffermerà i valori che stanno a monte della decisione presa da Paolo VI: la generosità e responsabilità nei confronti della vita, il legame profondo che esiste tra il significato unitivo del matrimonio e la sua apertura alla vita, ma dovrà anche interrogarsi sulle ragioni che hanno portato la maggior parte dei cattolici a prendere silenziosamente le distanze dall’Humanae vitae. E inevitabilmente molti temi collegati entreranno nel dibattito: la sessualità, il rapporto tra il dato biologico e la ragione chiamata a interpretarlo, le condizioni di vita degli sposi, il rapporto con il tema della vita, l’educazione all’amore.
Senza dimenticare una questione che sta a monte di tutto questo ed è il senso del generare e la questione del figlio, tema spesso oscurato dal dibattito etico sulla procreazione responsabile. Prima di parlare ai futuri sposi di procreazione responsabile, non sarebbe fuori luogo interrogarci su come loro si pongono di fronte al tema della vita e del generare. La questione diventa perfino urgente di fronte a un altro dato preoccupante: l’aumento delle coppie sterili, di sposi cioè che non potranno realizzare un sogno certamente presente nel loro progetto di vita.