Vacanze? Che sia un’estate piena di progetti
La scuola è finita. Mi auguro comunque che dentro alla parola vacanza – etimologicamente significa “mancanza, vuoto” – ciascuno trovi qualcosa da mettere, in modo intelligente, affinché riposo non significhi letargo, divertimento non assuma lo stile dello sballo, viaggio non sia fuga, natura non sia opposizione a cultura, alternanza scuola-lavoro sia opportunità e non mero obbligo, volontariato, vacanze-studio, attività ricreative diventino luoghi per costruire comunità, crescere nella solidarietà, ampliare gli orizzonti. Vale per gli studenti, ma non meno per gli insegnanti.
Per chi abita, come me, dentro a una scuola, la campanella dell’ultimo giorno suona mesta tanto che vien da dire: «Per fortuna ci sono scrutini ed esami!».
Non credo la penseranno così gli studenti che tanto hanno atteso quest’ultimo suono e nemmeno gli insegnanti, stremati da un anno di “buona scuola”… Per i dirigenti e i collaboratori invece nulla cambia perché agosto è ancora lontano e, tutto sommato, meglio così visto che, dopo qualche settimana di stacco, è il mese degli organici di fatto, delle nomine, delle assegnazioni e dei piani orari.
Così anche quest’anno è arrivata l’estate e con essa il tempo della vacanza.
Dietro a questa parola se ne celano molte altre: riposo, anzitutto, sempre necessario per rinfrancare spirito, mente e cuore; divertimento, cioè cambiamento della routine ordinaria, viaggi alla scoperta di terre lontane, natura fatta di mare, monti, laghi, ma da qualche anno anche alternanza scuola-lavoro; e poi grest nelle nostre parrocchie, campi scuola da animati o da animatori, volontariato, vacanze studio.
Per gli studenti degli ultimi anni delle scuole secondarie (vecchie medie e superiori) sarà soprattutto tempo di prova: preferirei dire tempo di raccolta, dopo aver ben seminato, occasione per “verificarsi” non nella logica del “o la va o la spacca” ma del continuo allenarsi alla vita, cui la scuola dovrebbe preparare.
Per molti altri, sarà un tempo medicinale per lenire la delusione di qualche debito in pagella o per mettere ordine nelle proprie idee, nelle proprie responsabilità, facendo bene i conti con le aspettative proprie e degli altri e le propensioni che appartengono a ciascuno, preparandosi così a qualche nuova scelta.
Mi auguro comunque che dentro alla parola vacanza – etimologicamente significa “mancanza, vuoto” – ciascuno trovi qualcosa da mettere, in modo intelligente, affinché riposo non significhi letargo, divertimento non assuma lo stile dello sballo, viaggio non sia fuga, natura non sia opposizione a cultura, alternanza scuola-lavoro sia opportunità e non mero obbligo, volontariato, vacanze-studio, attività ricreative diventino luoghi per costruire comunità, crescere nella solidarietà, ampliare gli orizzonti.
Per noi educatori vacanza possa essere proprio anche “mancanza”.
Mancanza dei ragazzi che ci sono affidati, mancanza di una quotidiana frequentazione che anela ritorno, ma anche mancanza di preoccupazioni immediate e stringenti, un “fare spazio” dentro a mente e cuore per guardare con occhi nuovi a quelli che magari sono sembrati problemi insormontabili, situazioni irrisolvibili, fatiche non sopportabili.
Diventi occasione per riappropriarci tutti, giovani e adulti, di uno spazio di gratuità nel vivere il nostro tempo, eliminando quella fretta cronica che talora toglie il respiro e sempre e comunque inquina le relazioni, dipingendole di superficialità.
Un tempo così lungo, per non cedere alla dispersione, chiede progettualità più che programmazione: più che dell’agenda necessita di desideri e aspirazioni, da realizzare da soli o in compagnia. Ho tentato così, pensando agli altri, di tracciare una sorta di itinerario che vorrei percorrere in questo spazio temporale che intercorre tra la campanella di fine anno e quella di inizio e mi sono fissato idealmente quattro tappe “laiche”.
La prima è riuscire a riscoprire l’utilità dell’inutile (titolo di un libro di Nuccio Ordine presentato proprio in “Scuola a tutto campo” qualche mese fa), uscendo dalla logica dell’efficientismo che spesso abita la mia quotidianità e si traduce nell’agenda sempre traboccante di appuntamenti e incontri.
La seconda è riappropriarmi del piacere di pensare, la gioia di gustare l’amore della sapienza, dove amare è con-fondersi con il bene amato, andando oltre al mero apprendere funzionalistico al produrre (fosse anche una lezione ben fatta o una conferenza accattivante).
La terza poi è quella di sforzarmi a “parlare attentamente e tacere con forza” (altro titolo di un bel libretto di Anselm Grün che mi ha colpito per la sua concretezza spirituale); mi accorgo infatti di parlare tanto, ma non so se comunico realmente con l’altro; spesso temo che le parole non sgorghino dal cuore ma assomiglino più a una chiacchiera tesa a esorcizzare la paura del vuoto, della vacanza, del silenzio di cui tanto “a parole” sentiamo il bisogno, ma da cui “nei fatti” vorremmo scappare, forse per paura che in quel silenzio si rivelino le nostre crepe, le nostre fragilità.
Infine – quarta tappa – attraverso l’ascolto di me nel contatto con la natura e con l’arte (non necessariamente quelle che si scrivono con le maiuscole) sarei felice di poter captare il sensibile e l’inatteso (Pierangelo Sequeri), superando l’apparenza per entrare in una dimensione altra che mi permetta di assaporare l’oltre, transitando dal finito all’infinito.
Cristianamente auspico che questo tempo sia davvero per tutti noi occasione di grazia per gustare la gratuità dell’amore di Dio, anche attraverso le cose di cui ho appena parlato, e vivere la gratitudine per questa vita. E allora che vacanza sia!
Lorenzo Celi,
direttore dell’ufficio diocesano per la scuola e l’educazione