La Cina si apre al mondo, ma rimane a "democrazia limitata"
Nonostante una “limitata” copertura dei media, si è trattato del più importante avvenimento politico della scena internazionale. Il 19° Congresso del partito comunista cinese, rappresenta la migliore fotografia di quello che è oggi la Cina e di quello che si appresterà a diventare nei prossimi anni.
Nonostante una “limitata” copertura dei media, si è trattato del più importante avvenimento politico della scena internazionale.
Il 19° Congresso del partito comunista cinese, apertosi lo scorso 18 ottobre nella Grande Sala del Popolo (il Parlamento cinese, con sede a Piazza Tienanmen a Pechino), oltre a riconfermare il segretario uscente - nonché capo dello Stato - Xi Jinping, assieme all’attuale primo ministro Li Keqiang, nel novero dei sette più alti dirigenti dello Stato cinese, rappresenta la migliore fotografia di quello che è oggi la Cina e di quello che si appresterà a diventare nei prossimi anni.
Il segretario generale Xi Jinping ha ribadito che “sarà sempre più aperta. La porta della Cina è stata aperta e si aprirà di più”.
Anche se non sarà una passeggiata nel parco – queste le parole di Xi davanti 2280 delegati delle province cinesi - le barriere di ingresso agli investimenti stranieri saranno ulteriormente abbassate.
Oltre alla tradizionali liturgie del potere interno cinese, il Congresso ha lanciato finalmente parole chiare sul grande problema dell’inquinamento.
Il premier Li Keqiang ha dichiarato con solennità che il “cielo” risplenderà grazie ad una radicale lotta all’inquinamento ambientale.
Sul versante economico le prospettive ”sono luminose ma restano sfide impegnative”: negli ultimi 5 anni il Pil è aumentato da 54.000 miliardi di yuan a quota 80.000, pari a 12.100 miliardi di dollari circa, all’interno di quella Xi ha definito “la dottrina del socialismo con caratteristiche cinesi”.
Il Congresso ha sottolineato inoltre che l’impero cinese non copierà mai “i sistemi politici stranieri”, e manterrà dunque lo status quo di grande potenza produttiva mondiale a democrazia “limitata”. Su questo filone va inserito l’importante passaggio politico sulle forze armate: il partito “si opporrà a ogni azione che metta a rischio la leadership”.
Un atteggiamento che si traduce anche in una ennesima conferma cinese dell’assoluta necessità di mantenere la più ampia autorità politica su Hong Kong e Macao.
Xi, da molti definito come il nuovo Mao, ha promesso infine il pugno duro contro la piaga della corruzione: uno dei pochi virus che potrebbe realmente mettere in difficoltà la struttura di uno Stato che oggi appare al mondo più solido che mai.