Austria, l'avanzata populista spiazza i partiti e il mondo cristiano
Il primo turno delle elezioni presidenziali ha assegnato la maggioranza relativa al candidato dell'estrema destra Hofer, che ha svolto la campagna elettorale in chiave anti immigrati. Bocciati Popolari e Socialisti, restano in corsa al secondo turno del 22 maggio anche l'esponente dei Verdi Van der Bellen e l'indipendente Griss. La Chiesa, fortemente impegnata per accoglienza e integrazione dei profughi, per ora non si esprime sugli esiti del voto.
Il primo turno delle elezioni per il presidente federale austriaco ha prodotto un risultato apparentemente inaspettato e sorprendente
Norbert Hofer, candidato del Freiheitliche Partei Österreichs – Partito della Libertà (FpÖ), forza populista di estrema destra – ha raggiunto il 36,7% dei voti risultando il vincitore parziale della contesa e avviandosi al prossimo ballottaggio del 22 maggio come ipotetico favorito alla carica presidenziale austriaca.
A contendergli il mandato di sei anni saranno due altri outsider: Alexander Van der Bellen, rappresentante del partito dei Verdi (Die Grünen) che si presenterà con il 19,7% dei consensi, e la ex presidente della Corte suprema, l’indipendente Irmgard Griss che ha convinto il 18,8% degli elettori.
Bocciata l’alleanza di governo.
Fin qui i dati secchi. Ma se la vittoria momentanea del candidato populista poteva essere prevista, anche alla luce della recente affermazione in diversi Land tedeschi di altri candidati dell’ultradestra xenofoba, oltre a una campagna elettorale basata su un fortissimo spirito anti europeista e anti immigrazione, di certo l’affermazione dei verdi e del candidato indipendente suonano come una bocciatura pesante della politica delle due formazioni storiche dei Socialisti (SpÖ) e dei Popolari (Övp), per la prima volta dalla seconda guerra mondiale escluse dalla corsa alla presidenza federale.
L’alleanza di governo SpÖ/Övp paga profumatamente una gestione dei problemi interni e internazionali del Paese indecisa e contraddittoria.
In questo senso la decisione di avviare la chiusura delle frontiere dall’Italia all’Austria al Brennero per impedire l’accesso a nuovi immigrati (e non dall’Austria all’Italia), e le politiche restrittive nei confronti dei rifugiati, con un irrigidimento del processo per ottenere lo status di rifugiato e l’asilo in terra austriaca, hanno fatto il gioco della propaganda elettorale del Partito della Libertà che ha saputo sfruttare la paura dell’immigrato e le indecisioni politiche per costruire il proprio momentaneo successo elettorale.
I valori tradizionali.
Ma da chi ha preso i voti Norbert Hofer? Se si sommano i tre candidati che si affronteranno al ballottaggio, il 75,2% degli elettori ha espresso il suo giudizio negativo verso la politica governativa: ferma restando la carica presidenziale che ha un ruolo eminentemente protocollare con pochi poteri esecutivi, gli austriaci hanno orientato la loro scelta verso tre figure espressione di valori alternativi a quelli della politica tradizionale.
Hofer, erede del famoso e controverso cancelliere Jorg Haider, ha battuto con forza sulla difesa del lavoro dall’afflusso degli immigrati, giocando la carta della paura populista ed attraendo molti elettori spaventati.
I voti dei Verdi erano attesi, per la qualità tecnica e morale di Van der Bellen come quelli per Griss, stimata per la sua proverbiale indipendenza proprio dai giochi politici.
Si deve pensare allora che le logiche del voto abbiano profondamente rimesso in gioco quei valori tipici austriaci: la ruralità, comunità piccole e molto radicate sul territorio, una cultura spesso domestica e familiare, che se da un lato è stata capace di slanci di generosità estrema nel momento della crisi migratoria del 2015, dall’altro ha rivisto apparire le paure ataviche di un mondo alpino un po’ “chiuso”.
Riflessione da parte dei cattolici.
La Chiesa cattolica, come da tradizione del Paese, non ha preso posizione ufficiale in favore di un candidato, ma certamente i risultati mettono in evidenza la difficoltà del momento, con un impegno costante in favore dei rifugiati, con la critica alle politiche restrittive e di limitazione del diritto d’asilo, battaglia che sta impegnando tutte le diocesi austriache in opposizione ai progetti governativi.
Il confronto sulla fede e sul rispetto dei diritti umani è stato a più riprese aperto dai mezzi di informazione cattolici ed evangelici: il rappresentante del Partito della Libertà, estremamente radicato nella popolazione rurale base della società austriaca, ha puntato sulla sua fede per allontanare le critiche per la sua politica anti immigrati: “La fede in Dio è un faro che mi mostra dove andare nei momenti difficili”. Lo stesso discorso è stato fatto anche dalla Griss.
La Chiesa austriaca si sta ora interrogando su quali punti abbiano permesso al candidato anti-immigrati di attrarre verso il suo nome quasi il 40% dei consensi e quanto abbia influito il fatto di presentarsi come fedele all’ortodossia cattolica. Resta il fatto che a risultati elettorali acquisiti mancano ancora analisi del voto da parte cattolica: laicato, episcopato e media di ispirazione cristiana sono forse ancora in fase di riflessione.