Quando l'amore degenera in violenza. Le opere di 27 artisti alla Cavour di Padova
Rimane aperta in galleria Cavour a Padova fino al 2 aprile, la mostra Love and violence che, grazie all'apporto generoso di 27 artisti internazionali, indaga l'amore quando degenera in violenza.
Trasuda sentimenti, anche iperbolici, storie grondanti violenza e paura, pensieri incarnati e riflessioni scomode, di denuncia, la mostra Love and violence, inaugurata di recente alla galleria Cavour di Padova e che completa un progetto di sensibilizzazione sociale portato avanti da un anno dalle due curatrici padovane Barbara Codogno e Silvia Prelz, che hanno saputo coinvolgere ventisette artisti internazionali che, con generosità, si sono confrontati sul tema della violenza sulle donne, ma anche sui bambini, sull’ambiente, sugli animali...
Ci sono gli uomini velati nelle fotografie di Nabil Boutros, che fin da adolescente, nel Cairo degli anni Settanta, s’interrogava sul perché certe donne fossero velate e altre no. E poi il trittico in cartapesta di Marisa Merlin che con Identità. Diario perduto porta alla luce le pagine di violenze subite e paure nascoste, annotate su un bloc notes abbandonato in cucina, di una giovane romena scomparsa nel nulla. Ma realmente, tristemente esistita.
Non lascia indifferenti La cattedrale di carta o La cattedrale che non c’è di Stefano Reolon che gioca su un’illusione, con precarie quinte di carta oscillanti su cui vengono riprodotte anatomie umane aggrovigliate agli elementi architettonici. I Passi d’impeto blu, azzurri, neri e bianchi, di Carla Rigato sono magnetici e incatenano lo sguardo: narrano una storia di fuga verso l’ignoto, nel momento in cui una donna violata si ribella a un amore corrotto dal male.
Ma quello che più trafigge il visitatore – a modesto giudizio di chi scrive – è il “benvenuto” a chi arriva in piazza Cavour: è l’installazione site specific di Gesine Arps che, pur essendo artista introspettiva e che coltiva dentro di sé il colore, ha scelto di confrontarsi con il diritto partendo dall’origine semantica di matrimonio (mater munus, legato al dovere della madre di allevare la prole dopo averla generata) e patrimonio (pater munus, dovere del padre di provvedere ai figli mediante i beni materiali).
I due sostantivi sono alla base dello ius romano che ha influenzato due millenni di diritto familiare, civile e penale. I doveri delle spose è una lunga camicia da notte candida che scende lungo il vano scale di galleria Cavour. Sull’imponente abito appeso e mosso dall’aria e dal vento è stampato un documento del 1895 sui reciproci doveri degli sposi secondo santa romana chiesa: una denuncia delle antiche responsabilità del clero sulla concezione della donna ritenuta un essere inferiore. Ai “piedi” dell’abito, una mastella colma di vernice rossa a dire che i panni sporchi si lavano in casa, mentre sulle vetrate sono riportate leggi abolite, soltanto da pochi decenni, che legittimavano anche nel nostro paese la violenza domestica sulle donne.
«Il nostro progetto – spiega Barbara Codogno, curatrice della mostra insieme a Silvia Prelz – parla dell’amore malato che degenera in violenza nei confronti delle donne, ma anche dei bambini, dell’ambiente e di tutto ciò che è altro rispetto a noi e che non riusciamo a comprendere. Negli incontri collaterali organizzati in galleria, cercheremo di indagare le contraddizioni che muovono la violenza, anche ricercando soluzioni efficaci e concrete attraverso, per quel che ci è possibile, la bellezza».
E dopo la mostra che si chiuderà il 2 aprile, la curatrice coltiva un sogno: «Mi piacerebbe che Love and violence diventasse una biennale d’arte, come a Ferrara dove c’è quella dedicata alla donna, perché ci fosse un focus costante sul problema della violenza che è ormai un’emergenza sociale. E da questo punto di vista, l’arte contemporanea può e deve fare la sua parte».
La mostra (orari: 10-13 e 15-19; ingresso gratuito; lunedì chiuso) è arricchita da una serie di eventi collaterali che si svolgono sempre in galleria civica: il primo è giovedì 23 febbraio, quando alle 17.30 le filosofe Emanuela Magno e Silvia Capodivacca intervengono su “Arte e terrore. Botero su Abu Ghraib” e “La violenza delle donne. Pratiche di emancipazione alternativa”. L’8 marzo, sempre alle 17.30, l’artista giapponese Shofu Yoshimoto esegue una performance introdotta dal filosofo Alberto Giacomelli. Per informazioni complete sul programma: www.facebook.com/loveandviolence.artfair