Femminicidio, almeno 12 vittime al giorno in Europa
I dati del Consiglio d’Europa alla vigilia dell’entrata in vigore della Convenzione di Istanbul prevista il primo agosto. Nel 2013, sono state ben 134, una ogni due giorni e mezzo, le donne uccise in Italia. Solo l'Inghilterra è messa peggio.
Almeno dodici donne al giorno muoiono in Europa a causa della violenza di genere. E, nel 2013, sono state ben 134, una ogni due giorni e mezzo, le vittime italiane. Solo in Regno Unito, fra i paesi Ue, si registra un numero di femminicidi più alto, con 143 nel 2013.
I dati allarmanti vengono riportati dal Consiglio d’Europa, alla vigilia dell’entrata in vigore della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, prevista per il prossimo primo agosto.
Per quanto riguarda il resto dei paesi dell’Unione Europea, lo scorso anno sono state 121 le vittime di femminicidio in Francia, 54 in Spagna e 37 in Portogallo. Se poi si guarda oltre i confini dell’Ue i numeri assumono dimensioni ancora più drammatiche: per fare solo qualche esempio, in Turchia almeno 214 donne sono morte per violenza da parte degli uomini nel 2013 (e in molti casi le vittime avevano già chiesto protezione da parte delle autorità e delle forze di polizia), mentre nello stesso periodo in Azerbaijan i femminicidi sono stati 83, e i suicidi di donne a causa della violenza di genere 98.
In Albania, l’89 per cento delle donne uccise è vittima del partner (l’80 in Svezia e il 74 in Finlandia). Inoltre, a livello europeo, i femminicidi per violenza domestica rappresentano quasi il 28 per cento di tutti gli omicidi. Infine, se gli uomini uccisi per violenza da parte di un partner o di un familiare prossimo sono il 18 per cento di tutte le vittime maschili di omicidio, le donne che muoiono per un femminicidio legato appunto alla violenza domestica sono ben il 55 per cento.
Oltre agli omicidi, le violenze
E anche quando non muoiono, molte donne subiscono violenze mostruose persino nella civilissima Ue, se è vero che sono almeno 500 mila le vittime di mutilazioni genitali in Europa, come stima il parlamento di Strasburgo, e almeno 180 mila quelle che rischiano di subirne.
Va inoltre ricordato che le cifre sono conservative, data la tendenza endemica e generalizzata a denunciare poco i casi di violenza subita dalle donne, come dimostrato anche dall’ultimo sondaggio dell’Agenzia per i diritti fondamentali pubblicato lo scorso marzo, che indica una mancanza di fiducia da parte delle vittime nelle autorità e nelle forze di polizia.
Mancano leggi adeguate
Il Consiglio d’Europa denuncia anche mancanze gravi da parte dei sistemi giuridici degli Stati e delle forze dell’ordine, che spesso non riescono a perseguire gli autori della violenze domestiche anche quando le vittime trovano il coraggio di denunciarle.
Secondo un recente studio dello stesso Consiglio, infatti, solo 29 paesi sui 46 presi in esame hanno istituito corsi di formazione specifici per le forze dell’ordine per trattare casi di donne che subiscono maltrattamenti e violenze da parte del partner o di un familiare e che chiedono protezione. L’Italia, in questo contesto, dà una formazione iniziale ma poi non continua a formare gli agenti di polizia e i carabinieri.
La situazione non è migliorata dalle misure di austerità messe in atto un po’ in tutta Europa, che hanno provocato tagli ai finanziamenti per le strutture di accoglienza delle donne vittime di violenza.
L'opportunità di una svolta autentica
In questo contesto tutt’altro che roseo, l’entrata in vigore della Convenzione di Istanbul rappresenta, secondo il commissario ai diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muižnieks, un’opportunità unica per compiere una svolta. La Convenzione, che l’Italia è uno dei 13 paesi europei ad aver già ratificato (23 l’hanno firmata e 11 ancora devono sia firmarla che ratificarla) prevede, fra l’altro, che le parti firmatarie siano responsabili di prevenire la violenza sulle donne, proteggere le vittime e punire gli autori delle violenze stesse. Inoltre stabilisce un meccanismo di controllo delle misure messe in atto dagli stati e chiede agli stati stessi di adottare politiche trasversali per ridurre la violenza sulle donne.
Tutte misure che, secondo Muižnieks, sono importantissime per combattere questo grave fenomeno. Il commissario ai diritti umani del Consiglio d’Europa, chiede però all’Ue di ratificare la Commissione come organizzazione, come è già stato fatto dalla stessa Unione Europea ad esempio per la Convenzione Onu sulle persone con disabilità. Questo sì che manderebbe, secondo Muižnieks, un segnale chiaro e univoco che l’Europa ha davvero voglia di porre finalmente fine a questa piaga che è rappresentanta dalla violenza sulle donne.
«La situazione non cambierà dal giorno alla notte – ha scritto il commissario in una nota – però se l’Ue e molti altri paesi provvederanno presto alla ratifica, sarà sicuramente una svolta e un passo nella giusta direzione».