Museo diocesano: "I Magi" di Torreglia in mostra per il post terremoto a Spoleto Norcia
Il dipinto su tavola in piccolo formato fu donato da Jacopo Facciolati e si distingue da quello del maestro padovano Mantegna, ora a Los Angeles, per l’assenza di Giuseppe. Al museo diocesano di Padova si può ammirare l'opera in esposizione nel Salone dei Vescovi fino al 5 febbraio. Il ricavato della mostra andrà a favore del recupero die beni culturali della diocesi di Spoleto-Norcia.
“Siamo venuti per adorarlo”. Con questo titolo è aperta fino al 5 febbraio l’esposizione nel Salone dei Vescovi del museo diocesano dell’Adorazione dei Magi di Torreglia.
Il dipinto su tavola, di piccolo formato, era destinato probabilmente alla devozione personale all’interno di un’abitazione privata, e raffigura la scena entro una composizione in primissimo piano che rinuncia a ogni dettaglio ambientale: la Vergine sorregge il Bambino avvolto in bianche fasce e lo porge ai tre Magi che, da destra, gli si accostano. Il più giovane di loro offre un bruciaprofumi dalle forme orientali mentre il “moro” sulla destra regge un vasetto chiuso contenente – possiamo immaginare – la mirra descritta nei vangeli.
L’Adorazione di Torreglia è una variante di quella dipinta da Andrea Mantegna, morto nel 1506, verso la fine della sua vita e oggi conservata al Paul Getty museum a Los Angeles.
Lo stile lascia desumere che fu realizzata probabilmente da un pittore veneziano, che poteva avere accesso ad altre copie o a disegni dell’originale. Sono stati fatti i nomi del trevigiano Rocco Marconi e del bergamasco Girolamo da Santacroce, entrambi attivi a Venezia agli inizi del Cinquecento e allievi rispettivamente di Giovanni Bellini (di cui Andrea Mantegna aveva sposato una sorella) e del fratello di lui Gentile Bellini.
Di questo dipinto esistono anche altre versioni, che, in modo diverso, si discostano dall’originale mantegnesco pur rimanendo fedeli all’iniziale idea compositiva.
Nel caso dell’Adorazione di Torreglia, il pittore ha eliminato la figura di san Giuseppe sulla sinistra, sostituendola con un tralcio di vite legato a un supporto in legno a forma di T (simbolo cristologico ma forse anche, come è stato suggerito, allusione al nome del pittore “Santacroce”).
Manca inoltre la coppa in porcellana contenente monete, che nel dipinto di Mantegna è offerta dal personaggio calvo in primo piano, e che nella versione di Torreglia potrebbe essere stata eliminata con la sostituzione e la ridipintura dell’asse inferiore della tavola, come ha evidenziato il restauro di una decina d’anni fa. Rispetto al modello mantegnesco va anche evidenziata la minore attenzione con cui è raffigurata la preziosità dei vasi che rimandavano al gusto collezionistico della marchesa Isabella d’Este: la porcellana bianca e azzurra, a quel tempo importata esclusivamente dall’Oriente, il diaspro e l’onice.
L’opera fu donata, con altri dipinti, alla parrocchia di Torreglia dall’abate Jacopo Facciolati, qui nato con il nome di Giacomo Fasolato nel 1682: sacerdote, erudito, professore del seminario e dell’università patavina, latinista e grecista. Nel corso della sua vita raccolse una collezione di dipinti molto ammirata dai “conoscitori” a lui contemporanei.
Il ricavato della mostra andrà a favore del recupero dei beni culturali della diocesi di Spoleto-Norcia.