Missione Thailandia: la profezia diventa realtà
Rientrato dal viaggio in Thailandia, il vescovo Antonio offre alla chiesa di Padova e del Triveneto la sua riflessione sulla realtà che lo Spirito ha ispirato dopo Aquileia I e che oggi rappresenta un dono della Provvidenza nel continente che costituisce il futuro per l'annuncio del vangelo.
È un bilancio più che positivo quello che traccia il vescovo Antonio di rientro dalla missione in Thailandia che le diocesi del Triveneto hanno creato nel 1997. Tra gli elementi su cui mons. Mattiazzo mette l’accento c’è il ruolo dei sacerdoti fidei donum, sei quelli che attualmente prestano servizio in loco: la loro presenza è fondamentale, in un contesto in cui operano per lo più le congregazioni, per instaurare il senso della diocesanità nel clero locale. La loro azione concretizza l’«ottima collaborazione» tra chiese locali di Padova e Chiang Mai, che però spesso si estende anche alla capitale, per esempio con il corso intensivo di bioetica che don Renzo Pegoraro ha tenuto recentemente al seminario nazionale di Bangkok.Ma prima di queste considerazioni puntuali c’è un respiro di fondo che si evince dalle parole del vescovo: il valore della collaborazione di tutte le 15 diocesi della nostra regione conciliare che continua a rendere attuale lo spirito di Aquileia. Da qui l’ispirazione profetica di impegnarsi con una missione nell’Asia, il continente che già papa Giovanni Paolo II aveva indicato negli anni Novanta come il continente del futuro della chiesa. Oggi si può dire che la profezia è diventata realtà.
Pubblichiamo in versione integrale la relazione che il vescovo Antonio Mattiazzo ha scritto al rientro da viaggio di qualche settimana fa.
La visita a questa missione, avviata nel 1997, mi ha confermato nella validità e bontà di questa scelta fatta dalle nostre diocesi nello spirito di Aquileia. A questo riguardo cercherò di mettere in risalto alcuni elementi.
La scelta dell’Asia.
Il papa Giovanni Paolo II, nell’enciclica Redemptoris missio (1990) attirava l’attenzione sulle «frontiere verso cui deve rivolgersi l’attività missionaria» (n. 37) e più precisamente scriveva: «Nel Continente asiatico, in particolare, verso cui dovrebbe orientarsi principalmente la missione ad gentes, i cristiani sono una piccola minoranza, anche se a volte vi si verificano significativi movimenti di conversione ed esemplari modi di presenza cristiana» (Ivi). Il papa accennava, inoltre, in chiave di spiritualità missionaria, al «contatto con i rappresentanti delle tradizioni spirituali non cristiane, in particolare di quelle dell’Asia» (n. 91). Dal 1990 il ruolo dell’Asia è cresciuto nello scacchiere mondiale, sotto l’aspetto economico e politico. Ma che ne è stata dell’indicazione del papa secondo cui la missione ad gentes «dovrebbe orientarsi principalmente» verso il continente asiatico? La chiesa in Italia ha davvero saputo interpretare, in chiave missionaria, i “segni dei tempi”? Alla luce di queste considerazioni appare chiaramente la validità e bontà della scelta missionaria delle nostre diocesi in Thailandia, dove i cristiani cattolici non raggiungono globalmente l’1 per cento della popolazione. Essa è da ritenere la frontiera più avanzata della missione ad gentes della nostra chiesa.
Eccellente rapporto di cooperazione tra chiese.
Un criterio-guida dell’attività missionaria è il rapporto di cooperazione tra chiese locali nell’ottica della comunione. Sotto questo aspetto ho potuto verificare che questo rapporto è di eccellente livello. La sera del mio arrivo sono stato accolto al seminario nazionale di Bangkok con gioia e simpatia dall’arcivescovo, dal corpo docenti e dai seminaristi, con discorsi e scambio di doni. Si voleva manifestarmi riconoscenza per il fatto che nel mese di novembre un presbitero di Padova, don Renzo Pegoraro, aveva tenuto ai seminaristi un corso intensivo di bioetica. Questa iniziativa si inserisce nella ricerca di collaborazione tra la Facoltà teologica del Triveneto e il seminario e Facoltà teologica di Bangkok, collaborazione chiesta dall’arcivescovo di Bangkok in una visita personale che mi fece a Padova nel luglio del 2012. Quest’anno è previsto che un presbitero thailandese frequenti il corso di teologia pastorale presso la Facoltà teologica del Triveneto. A Bangkok ho pure incontrato il card. Kitbunchu, già arcivescovo di Bangkok, e il vescovo Giuseppe, vescovo emerito di Chiang Mai; l’incontro è stato molto cordiale, potremmo dire tra amici. A Chiang Mai sono stato ospite del vescovo Francesco Saverio, che ha espresso apprezzamento per la cooperazione dei nostri presbiteri fidei donum. Egli ha acquisito il senso dei fidei donum. Ha visitato alcune delle nostre diocesi e ha partecipato, nel 2012, al secondo convegno ecclesiale che ha riunito ad Aquileia i rappresentanti delle 15 diocesi del Triveneto, accolto con viva cordialità e sincero entusiasmo. Con il vescovo ci siamo poi incontrati e abbiamo concelebrato per l’inaugurazione del monastero.
Il ruolo dei preti fidei donum. Una obiezione che circolava quando fu avviata questa missione, ed è in qualche misura ancora presente, sostiene che la missione in Asia non sarebbe confacente ai preti fidei donum perché richiederebbe tempi lunghi di inserimento. L’esperienza ha di fatto dimostrato invece l’importanza dei preti fidei donum. Anzitutto è un gruppo che, nel corso degli anni, ha acquisito una esperienza, una competenza pastorale, una serie di rapporti, per cui un nuovo arrivato non deve iniziare tutto da principio, ma si inserisce in un solco tracciato, ed è sostenuto dall’esperienza dei confratelli. I preti fidei donum, poi, in virtù della loro identità, hanno dato e danno un contributo specifico e di grandissimo valore per la formazione del senso del presbiterio diocesano e della diocesanità. Questo è un elemento di notevole importanza in una diocesi, dove la maggioranza dei presbiteri sono appartenenti a congregazioni religiose. È da rilevare, inoltre, come il vescovo locale faccia ricorso ai nostri presbiteri fidei donum per incarichi diocesani: quattro di essi su sei svolgono servizi di livello diocesano.
Soggetto interdiocesano condiviso della missione. Elemento originale della missione in Thailandia è che il soggetto che invia non è una diocesi da sola, ma un insieme di diocesi, con la partecipazione e il sostegno di tutti i centri missionari diocesani delle 15 diocesi unite nella Conferenza episcopale Triveneto (Cet). Questa scelta è stata a me ispirata dal primo convegno ecclesiale delle chiese del Triveneto tenuto ad Aquileia nel 1990. Il secondo convegno (2012) ha confermato questa opzione. Merita di essere sottolineato il valore di questa comunione tra diocesi a servizio della missione. Un importante effetto positivo è che, tramite questa impostazione, è possibile, a una diocesi, di cooperare a questa missione anche con un solo presbitero, come avviene attualmente per tre diocesi (Vicenza, Verona, Belluno). Questa formula, tenuto conto del calo di ordinazioni, si è rivelata molto indovinata. I vescovi della Cet, nella nota pastorale dopo Aquileia 2 Testimoni di Cristo, in ascolto (del gennaio 2013) richiamando la missione in Thailandia come esperienza di collaborazione tra le nostre chiese, hanno scritto: «È questo un modello da continuare a sviluppare».
Finalmente un monastero di monaci cristiani.
Una delle dimensioni fondamentali della missione è l’inculturazione e il dialogo interreligioso. La missione in Thailandia non può ignorare o trascurare il fatto che il buddismo ha impregnato mentalità, usi e costumi e ha una viva espressione nei monaci. Il buddista che si reca al tempio recita la formula: «Mi rifugio nel Buddha, mi rifugio nel Karma, mi rifugio nei monaci». Grazie a un impegno e una ricerca condotta con profonda convinzione e all’aiuto della Provvidenza, il primo monastero di monaci ha potuto essere realizzato in Thailandia con monaci benedettini provenienti dal vicino Vietnam. La partecipazione all’inaugurazione e benedizione ufficiale – molto numerosa tenuto conto del numero esiguo di cristiani – fa ben sperare sull’accoglienza e sul ruolo del monastero.
Due direttrici: formazione di comunità e dialogo.
L’impegno di evangelizzazione è chiamato a muoversi su due direttrici principali. Anzitutto la formazione di comunità cristiane dalla fede profonda e robusta, imperniata su parola di Dio, eucaristia e carità. In secondo luogo, il contesto socio-culturale e religioso thailandese richiede di adottare e perseguire il dialogo interculturale e interreligioso. Finora, con questa impostazione, i nostri presbiteri fidei donum non hanno incontrato resistenze e opposizioni né da parte della autorità civili né da parte di esponenti religiosi. Si tratta di attivare e sviluppare positivamente il contatto e il dialogo nello spirito e secondo le indicazioni del concilio Vaticano II.
A conclusione di questa relazione, sento il dovere di rendere lode e ringraziare lo Spirito santo per aver ispirato e sostenuto questa bella esperienza missionaria. È lo Spirito santo, infatti, il «trascendente soggetto protagonista» della missione della chiesa (cfr. lettere encicliche Dominum et vivificantem, 1986, n. 42 e Redemptoris Missio, n. 21). Nello stesso tempo esprimo la più sincera stima e la più viva riconoscenza ai nostri valorosi presbiteri fidei donum, incoraggiandoli a essere pieni del fervore dello Spirito, umili e coraggiosi testimoni del vangelo. La Vergine Maria li assista.