Don Valerio Bortolin: sacerdote e filosofo
La comunità di Cartura e una lettrice della Difesa ricordano il prete e filosofo don Valerio Bortolin, tragicamente scomparso lo scorso 10 giugno durante un'escursione in montagna.
Caro don Valerio, quel sabato 10 giugno sei salito sulla cima della montagna per non scendere più; sei salito per toccare il cielo con un dito e disperdere lo sguardo sull’immensità, oltre l’orizzonte, e chiamare per nome tutte le vette che ben conoscevi e amavi, che tante volte hai scalato.
E proprio da quelle cime, esplorate per anni, hai fatto il salto in un’altra vita. Don Valerio, sei stato nella nostra comunità di Cartura per circa quindici anni una presenza discreta, ma significativa.
Nel corso degli anni abbiamo avuto modo di conoscere la tua bella umanità, semplice e sincera; sei stato un uomo capace di relazioni, ti lasciavi incontrare e incontravi le persone, ascoltandole con rispetto e comprensione, disponibile, sempre sorridente.
Gustavi lo stare insieme con tutti. Ogni fine settimana incontravi l’ordinarietà delle singole persone con piccoli e grandi problemi, e pure eri sempre disponibile a condividere le gioie e le feste di questa comunità.
Sei entrato in punta di piedi: un prete sceso dalla montagna, venuto per portarci con l’annuncio della Parola l’invito a innalzare lo sguardo, a guardare oltre, a portare speranza, a vedere la vita come un cammino in alta quota, accogliendo cioè le fatiche e le prove, con sempre nel cuore la certezza dell’amore di Dio.
Sapevi bene quanto importante fosse camminare in cordata, insieme, aspettando i compagni di viaggio e rispettando i tempi di ciascuno; ti sei avvicinato alle persone con la tua umanità e saggezza, quella saggezza che sa guardare alla profondità delle cose e delle persone e ne fa tesoro: uomo tra gli uomini, cristiano tra i cristiani.
Sei stato terra sacra, luogo in cui nella tua umanità abbiamo incontrato il sacro. Ci hai dimostrato che si può incontrare Dio nella profondità di noi stessi e nell’uso della nostra ragione, nella semplicità e nelle piccole cose della vita, quelle che danno gusto alla vita degli uomini e delle donne.
Don Valerio, con la tua morte ci sentiamo tutti più fragili. Ti vogliamo tuttavia pensare ancora vivo, sulle parole di sant’Agostino: «Le persone che amiamo e che abbiamo perduto non sono dov’erano, ma sono ovunque noi siamo».
Grazie, don Valerio, per tutto quello che ci hai donato e trasmesso con il tuo esempio: ci siamo accorti che quello che ci hai comunicato è stato assai di più di ciò che noi tutti vedevamo.
la comunità parrocchiale di Cartura
La dolorosa notizia della morte di don Valerio Bortolin, presbitero della diocesi di Padova e filosofo, a me semplice abbonata ha riportato alla memoria, spingendomi a rileggerlo, il suo articolo su Simone Weil (1909-1943), pubblicato sulla Difesa del 16 aprile scorso. Un articolo in cui don Valerio ha presentato l’originale, denso pensiero della filosofa francese Simone Weil, che nonostante la brevità della sua vita ha scritto tantissimo.
Per me, che non ho competenze in materia, quel pezzo è stato occasione di scoprire una pensatrice che decenni prima del Concilio ha intuito, come sintetizzava il titolo, che “C’è molto di cristiano, anche fuori di chiesa”, perché lei era attenta a cogliere «le forme implicite dell’amor di Dio».
Don Valerio nello spazio di un articolo è riuscito a dare l’idea della profondità e acutezza degli interrogativi della Weil, che è rimasta sulla soglia della chiesa «all’intersezione del cristianesimo e di tutto ciò che cristianesimo non è», indicando lo stile del cammino.
Per il suo efficace lavoro di sintesi divulgativa devo perciò a don Valerio tanta gratitudine e mi dispiace averla espressa solo ora.
Vincenza Calvo - Padova