Da Camposampiero al Ciad, per tessere un dialogo che abbatte i muri
L'esperienza nel nord est del Ciad di padre Franco Martellozzo, gesuita di Camposampiero impegnato in una feconda opera di “demolizione” dei pregiudizi e delle diffidenze reciproci che separavano la comunità cristiana da quella musulmana, fortemente maggioritaria.
Dopo un periodo in famiglia è rientrato in Ciad, dove opera dal 1963, padre Franco Martellozzo, originario della parrocchia di San Marco di Camposampiero.
La visita in Italia è stata l’occasione per raccontare gli sviluppi del suo impegno per il dialogo interreligioso in quel paese, situato tra Sudan, Repubblica Centrafricana, Nigeria e Libia.
«Una regione calda sotto ogni punto di vista anche se, almeno da quello militare, ora la situazione è calma: esercito e sollevazioni popolari hanno respinto in Nigeria gli estremisti di Boko Haram e la gente può lavorare nei campi» spiega il gesuita padovano.
Nel 1994 padre Martellozzo passa dal cattolico sud al nord est del Ciad, in una diocesi appositamente creata per lavorare con un islam che lì è, invece, largamente maggioritario (97%) e piuttosto aggressivo verso i cristiani.
Grazie alla fiducia conquistata presso il figlio del sultano, visita ogni villaggio per spiegare l’importanza dell’istruzione e far comprendere che non ha nulla a che vedere con la religione. Sorgono così le prime scuole comunitarie, costruite dalla popolazione con l’aiuto della chiesa.
«Ora sono un centinaio e hanno permesso il contatto tra persone di fedi diverse che, superando i pregiudizi, hanno iniziato a riflettere sui bisogni comuni, a partire da quello alimentare. Lo abbiamo risolto creando “banche dei cereali” che evitano ai contadini di ricorrere agli usurai. Si è poi passati al problema dell’acqua: in un villaggio le dighe sono state riparate da alcuni ragazzi come segno di fede in occasione del loro battesimo».
Un terreno di incontro e dialogo è anche quello delle religioni tradizionali, cui si deve un retaggio comune di valori quali onestà, rispetto e dedizione al lavoro
«Un patrimonio che lotto per salvare dalle pressioni delle religioni arrivate più tardi. Oggi la mia attività di punta sono le feste nei luoghi del culto antico, per far riscoprire a cristiani e musulmani le loro radici comuni. Ogni gruppo religioso prega secondo il proprio rito, dopodiché si affrontano le questioni sociali ed economiche di tutti. Gli integralisti islamici hanno cercato di opporsi a questi pellegrinaggi ma la nostra chiesa, grazie alla vittoria contro gli usurai, si è guadagnata la simpatia della popolazione generale, che ha fatto terra bruciata intorno agli estremisti».
Tra le diverse confessioni adesso il clima è disteso.
I ragazzini non prendono più a sassate i tetti di lamiera della chiesa, come accadeva all’arrivo di padre Martellozzo. «C’erano molta diffidenza e giudizi negativi, una chiusura reciproca che le occasioni di comunicazione hanno permesso di abbattere. Dopo la conoscenza, la stima è venuta da sé».
Dal punto di vista sociale, dopo aver affrontato i nodi di istruzione, cibo e acqua si lavora per dare alla gente del luogo una formazione tecnica nella saldatura, falegnameria e meccanica. «Una delle sfide è capire come ricavare scalpelli da parti di automobili dismesse, per poter costruire edifici in granito e non in legno, preservando il territorio dalla desertificazione».
Padre Martellozzo può contare sul sostegno che dalla sua terra d’origine arriva da realtà come le associazioni Mano amica di Camposampiero, Fraternità missionaria di Cadoneghe e altre ancora.
Ogni anno un rappresentante di questa rete si reca in Ciad per una verifica: «Faccio in modo che s’interfacci direttamente con la Caritas diocesana locale per favorire una gestione dei progetti autonoma rispetto alla mia figura. È un legame che deve continuare sia perché il governo del Ciad è inerte sia perché fa bene riportare in Italia un’idea bella dell’Africa».