Alcuni giovani preti formano un gruppo sinodale
Tra alcuni giovani preti è nato il desiderio di formare un gruppo sinodale per condividere con i coetanai sensibilità e aspirazioni. DOn Mattia Francescon, classe 1988, racconta l'esperienza di cui sarà moderatore.
Ha avuto il via ufficialmente a Pentecoste, ma solo nelle prossime settimane i giovani da ogni angolo della diocesi, che hanno accolto la chiamata del vescovo Claudio per il Sinodo dei Giovani, inizieranno a incontrarsi nelle case e nei patronati per discutere le tracce all’interno dei loro gruppi e per capire, insieme, che cosa il Signore stia chiedendo alla chiesa di Padova.
Tra i giovani, dai 18 ai 35 anni, che il sinodo ha raggiunto, ci sono anche dei preti. Preti, ma giovani, che condividono con i loro coetanei sensibilità e aspirazioni, e con i loro confratelli la responsabilità ministeriale, ma con uno sguardo proiettato al futuro di diversi decenni.
Don Mattia Francescon, classe 1988 di Casalserugo, ordinato nel 2012, torna a Padova dopo anni di studio a Roma per ottenere la licenza in teologia morale. Da pochissimi giorni ha iniziato il suo impegno di educatore al seminario maggiore. Sarà proprio lui a moderare un gruppo sinodale composto da giovani preti, tutti compagni di ordinazione. «Tra di noi c’è don Paolo Zaramella, che il vescovo ha nominato responsabile di questo sinodo – racconta don Mattia – lui ci ha fatto respirare l’aria di questo grande evento. Nella classe c’è anche don Giuliano Piovan (cugino di don Mattia ndr) che è all’interno della commissione preparatoria. Così, è nata l’idea di questo gruppo sinodale interamente composto da preti. Se del resto il Signore parla attraverso la vita dei giovani, allora siamo sicuri che può parlare anche attraverso la vita dei giovani preti».
Da che cosa si parte? «Dall’amicizia tra di noi. Come classe organizziamo già esperienze da condividere come uscite e giornate di spiritualità per tenere viva la fraternità presbiterale, quell’amicizia nata durante gli anni del seminario e che pian piano cresce tra noi».
È passato più di un anno dall’annuncio del Sinodo. «Al momento della notizia ero all’estero. Ho subito pensato a quanto questa fosse una novità, e soprattutto come poteva diventare una buona occasione, anche se non sapevo ancora che forma avrebbe preso. È in effetti una grande sfida, che ha già riscosso e suscitato entusiasmo: fa notizia che la chiesa si metta in ascolto dei giovani in una forma così strutturata». Don Mattia insiste: «Sono il primo a dire che i preti sono sempre in ascolto dei giovani, ma questo è un altro discorso. Qui è la diocesi stessa, che in una forma così esplicita e strutturata si mette in ascolto dei giovani. È certamente un segno forte che va incoraggiato».
Come i “loro” giovani nelle parrocchie in cui si trovano a prestare servizio, anche i giovani preti ordinati cinque anni fa si incontreranno tre volte, per sviluppare le tracce preparate dalla commissione preparatoria.
Quesiti e risonanze sulla chiamata alla fede che sottendono la domanda di fondo del Sinodo: “Che cosa il Signore vuole oggi dalla chiesa di Padova?”. «Secondo me – anticipa don Mattia – il Signore chiede semplicità di cuore, l’entusiasmo che viene dal vangelo, la bellezza dell’incontro senza barriere. E chiede tempo, tempo dedicato alle persone e ai giovani, perché è il tempo che fa germogliare qualcosa. Una pastorale “di fretta”, una pastorale “in apnea” fatica a dare frutti». Per don Mattia, però, il modo in cui viene vissuto è il Sinodo è importante quasi quanto il contenuto: «Il Sinodo propone uno stile al quale ci stiamo allenando in questi mesi. La sinodalità è condivisione, partecipazione, cooperazione e collaborazione. È lo stile della missione della nostra chiesa».
Don Mattia ribadisce la necessità che il Sinodo dia riscontri “tangibili”: «Mi aspetto che alla fine di questo processo si possa arrivare a scelte concrete, anche a livello diocesano, per accompagnare i giovani e condividere la loro vita. Credo molto, per esempio, al servizio di carità, al servizio agli ultimi, che provoca la fede di un giovane. Non posso, però, fare troppi pronostici».
Siamo in un’epoca di cambiamenti epocali. Anche la chiesa si trova ad affrontare sconvolgimenti sociali che sembrano minacciare un certo modo di coltivare la fede. Don Mattia guarda oltre: «Vedo che ci sono giovani che anche oggi si confessano, discutono, si confrontano con la Parola di Dio, vogliono il bene della chiesa e prendono le difese della fede, sono incuriositi da chi crede in Gesù con profondità e radicalità. È questa la garanzia che terrà un giovane vicino a Dio e alla chiesa, al di là degli scandali e delle valutazioni sociologiche». E lancia un invito: «Il nostro gruppo sinodale potrebbe essere un segno per altri preti giovani e per altri gruppi. L’esperienza e l’entusiasmo della nostra vocazione presbiterale possono provocare questo cammino diocesano».