Parroci o ufficiali giudiziari? Il decreto Minniti “affonda” l’accoglienza dei profughi
Il 12 agosto entrerà in vigore la nuova procedura di notificazione dell'esisto delle domande d'asilo, come previsto dal decreto Minniti. Ai parroci il compito "improprio" di ufficiali giudiziari. La denuncia della Caritas di Milano: senza modifiche "costretti a non rinnovare le convenzioni con le Prefetture".
Si profila un nuovo problema nel sistema di accoglienza dei profughi.
Dal 12 agosto, infatti, entrerà in vigore la nuova procedura di notificazione degli esiti delle domande d'asilo. E, secondo quanto previsto dal cosiddetto decreto Minniti, è un compito che spetterà ai responsabili dei centri di accoglienza. Saranno dunque loro a comunicare ai profughi ospitati se la loro domanda è stata accolta o meno. In pratica il Governo scarica su associazioni, cooperative o parrocchie un compito ingrato (soprattutto quando la domanda è stata respinta).
Secondo Caritas Ambrosiana, che nel territorio della diocesi di Milano offre 2.147 posti (di cui 617 nelle parrocchie), si tratta di una questione di non poco conto, che potrebbe costringerla a chiudere alcuni dei luoghi di accoglienza.
"Desideriamo continuare ad offrire la nostra assistenza ai richiedenti asilo, collaborando lealmente con le istituzioni – spiega in una nota Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana – Tuttavia dobbiamo segnalare che
tale norma trasforma di fatto i responsabili dei centri di accoglienza, e indirettamente i parroci nel caso dell’accoglienza in parrocchia, in ufficiali giudiziari, con responsabilità penali e civili. Si tratta di un compito improprio che non possiamo sostenere e che modificherebbe la natura del nostro intervento pregiudicando il rapporto di fiducia instaurato con gli stessi ospiti".
Caritas Italiana ha già chiesto in una lettera al Ministro dell'Interno, Marco Minniti, un intervento "correttivo o esplicativo della norma".
La soluzione, prospettata sia da Caritas Italiana che da quella Ambrosiana, è che siano "i Comuni, le Prefetture o comunque gli enti istituzionali o affidatari della gestione dei servizi dei richiedenti la protezione internazionale ad assicurare la notificazione dei provvedimenti attraverso personale della pubblica amministrazione".
Il messaggio è chiaro: ciascuno faccia il suo mestiere
"Confidiamo che il ministro comprenda le nostre preoccupazioni e dia una risposta soddisfacente alla nostra richiesta prima dell’entrata in vigore della disposizione. In caso contrario ci vedremmo costretti a rimodulare il nostro piano di ospitalità diffusa così come è stato concepito, non rinnovando le convenzioni con le Prefetture che riguardano in particolare le strutture parrocchiali e riservandoci di valutare in che termini coinvolgere per il futuro le parrocchie".
Non meno dura la reazione del mondo associativo
“Gli operatori dell’accoglienza non sono pubblici ufficiali, non si possono scaricare su di loro gli oneri della notificazione degli atti e dei provvedimenti ai richiedenti asilo presenti nelle strutture”. Lo sottolineano in una nota congiunta Arci, Caritas e Centro Astalli.
“Abbiamo fatto presente al ministro dell’Interno che si tratta a nostro parere di una procedura illegittima che stravolge il principio di sussidiarietà che da decenni anima il nostro sistema – scrivono le associazioni – L’attribuzione di questo ruolo implica un’impropria e grave responsabilità che, in caso di errore dovuto ad inesperienza, espone sia gli operatori e i responsabili di strutture che gli stessi beneficiari, a conseguenze giuridiche ed economiche inaccettabili”.
Il silenzio del governo
Le organizzazioni hanno chiesto al ministero di intervenire correggendo la norma. Ma, spiegano,
“la risposta del ministro Minniti è stata tutt’altro che positiva, confermando così un trend che impensierisce le scriventi organizzazioni. Purtroppo stiamo assistendo da parte del Governo ad una serie di scelte, non ultima lo slittamento dell’approvazione della legge sullo ius soli, che preoccupano per il loro impatto sui territori e per la tenuta dei diritti delle persone più vulnerabili".
"Auspicando che si ripristini al più presto un clima di confronto e collaborazione costruttiva, invitiamo gli operatori dell’accoglienza a valutare attentamente l’attribuzione del ruolo di pubblico ufficiale”.