Padova verso il voto. Smart city? Si, ma non basta il wi-fi

Smart city e Industria 4.0, il futuro è qui. La rivoluzione tecnologica potrebbe rilanciare Padova che grazie all'università e alla sua posizione strategica ha l'opportunità di essere competitiva. Ma una città per essere smart, intelligente, deve essere a misura di ciascuno: in questo senso il rilancio di Padova passa anche dal ripensare le periferie come luoghi inclusivi e non come porzioni di città lontane dal centro.

Padova verso il voto. Smart city? Si, ma non basta il wi-fi

Se è vero che stiamo vivendo “Fabbrica 4.0”, la quarta rivoluzione industriale caratterizzata dall’economia della condivisione, dalla rete e da sistemi informatici in grado di interagire in modo continuo con l’ambiente in cui operano, Padova potrebbe trovare un’occasione di rilancio.

Capitale del terziario nel Nord Est dagli anni Novanta, dopo la batosta della crisi scoppiata dal 2008 sembra ora aver ritrovato energia.
Capoluogo di una provincia che conta oltre 16.600 imprese di servizi tecnologici, è sede di 3 mila imprese di informatica, ricerca e sviluppo, dell’università che è prima in Italia per ricerca, si trova in posizione baricentrica rispetto al Nord Est ed è quindi uno snodo logistico strategico. Non a caso lo Smart city index di Ernst&Young nel 2016 l’ha collocata al tredicesimo posto in Italia e al primo in Veneto.

Mobilità intelligente, wifi diffuso, sensori che monitorano meteo, qualità dell’aria e trasporto pubblico e quindi consentono di governare la città in tempo reale, teleriscaldamento, energie verdi, inclusione e sicurezza, digitalizzazione dei servizi pubblici.
Sono questi gli elementi su cui si basa il progetto Padova Soft city, la smart city delle imprese padovane, dove la crescita è intrecciata con l’innovazione tecnologica che determina anche la qualità della vita.

Il progetto, infatti, non significa solo banda ultra larga e wifi libero, ma anche un sistema di innovazioni all’insegna della sostenibilità. Dieci milioni di euro è il budget previsto per gli investimenti necessari a dar corpo al progetto, ma al di là della necessità di trovare risorse, è necessario creare una cultura digitale di cambiamento continuo se si vuole decollare.

«Se la competizione globale si realizza tra territori, il nostro proposito è che si crei un ambiente attrattivo dove giungano investimenti, nuove aziende e competenze umane importanti. L’ultima grande azienda a investire in città fu la Tim-Telecom a Padova Est, oramai quindici anni fa. Da allora stiamo assistendo a un declino, contro il quale noi imprenditori ci stiamo battendo, mettendo passione oltre alla competenza - scrive Gianni Potti, presidente di Soft city e di Confindustria servizi innovativi nel saggio a più voci Un’idea per Padova - Sono convinto che la smart city delle imprese padovane sia una delle risposte che la città può darsi per costruire il futuro. Ci sarà un domani se si metterà al centro l’impresa innovativa, che porta con sé ricchezza, valore e prospettiva di futuro per tutte le generazioni a venire. Il rischio altrimenti è la fuga: il territorio che si svuota».
Una prospettiva tremenda suggerita anche dalla “fuga di cervelli”, vale a dire la nostra ricchezza, le persone formate dal nostro eccellente sistema scolastico che non trovano lo spazio in cui misurarsi.

Lo spazio individuato in questa fase si concentra nel quadrilatero tra la stazione e la Zip sud, passando per l’università, la fiera e la Cittadella
Una zona che dovrebbe diventare il prototipo della città del futuro fatta di mobilità intelligente, connettività e servizi digitali. 
Padova è già un polo innovativo di rilievo regionale e nazionale: secondo i dati presentanti da Confindustria a fine anno, con il 23,4 per cento delle imprese è già epicentro dei servizi innovativi del Veneto. Inoltre, qui si contano circa 10 mila imprese, il 29,3 per cento delle quali attive nei servizi di informazione-comunicazione e high tech, il 46,7 nelle attività professionali e il 23,8 che fornisce supporto alle altre imprese.
Nella sola Padova le imprese del terziario innovativo sono 4.174, vale a dire il 41,7 per cento del comparto provinciale, per cui la città rappresenta l’epicentro veneto con quasi un quarto del totale nei servizi ad alto valore aggiunto.

Uno dei primo passi di questo 2017 verso la realizzazione della Soft city è il rilancio della Fiera di Padova.
Il progetto è stato elaborato dalla Geo spa, la società che gestisce l’ente fieristico, che ha stilato un accordo con l’università per trasferire alle imprese il capitale rappresentato dall’attività di ricerca dall’ateneo e per far crescere in Fiera un polo per l’innovazione maturo che superi il concetto tradizionale di fiera basato sulla vendita degli spazi espositivi.

Nei giorni scorsi è stato siglato un “patto per l’innovazione e la crescita” tra Confindustria Padova e università, perché attraverso la collaborazione con Unismart, la società dell’ateneo per la valorizzazione delle competenze scientifico-tecnologiche e conoscenze innovative, si possa tradurre l’eccellenza scientifica dell’università patavina in competitività industriale e quindi in crescita economica.
Centrale è il tema dell’Innovation matchmaking, il procedimento che individua le offerte che meglio rispondono alle richieste formulate, con l’obiettivo di rendere stabile e continuativa la collaborazione tra imprese e università, trasferire conoscenza al sistema produttivo, avvicinare la ricerca al mercato, facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese alle competenze dell’ateneo e agli incentivi per la ricerca, promuovere lo sviluppo di un capitale umano sempre più rispondente al fabbisogno di competitività delle aziende.

Il patto si sviluppa lungo tre filoni che riguardano: innovazione per la competitività e trasferimento tecnologico, capitale umano, incentivi alla ricerca e innovazione, con l’obiettivo di rafforzare la partnership tra mondo imprenditoriale e accademico su temi come materiali innovativi, biotecnologie, tecnologie per la comunicazione; favorire i processi aggregativi; colmare il gap tra la domanda di competenze delle imprese e l’offerta di alta formazione; rendere più semplice l’accesso alla finanza agevolata.

Nell’ambito del Piano nazionale Industria 4.0, Confindustria e università si sono impegnate a promuovere un Digital innovation hub locale (Dih), un luogo fisico per l’incontro tra i due mondi.

Ma una città può essere smart, intelligente, nell’essere a misura di ciascuno.
In questo senso una delle possibilità di rilancio di Padova sta anche nel ripensare le periferie come luoghi inclusivi e non come porzioni di città lontane dal centro. La vicenda delle cucine popolari è emblematica in questo senso: rappresentano un luogo difficile, attraggono soggetti indesiderati? Le spostiamo in periferia oppure in zona industriale: insomma lontano dagli sguardi dei padovani, quasi a voler far scomparire il problema come polvere sotto il tappeto.

Se essere "smart" significa invece anche promuovere una piena inclusione, l'innovazione sociale passa anche attraverso un nuovo modo di concepire l’impresa e il mercato, fornendo strumenti, puntando all’alfabetizzazione.

Negli ultimi tempi si sta invece facendo poco per aumentare l’accessibilità per tutti alla formazione, al lavoro, a un’esistenza di qualità, mentre bisogna ricordare che in Italia 20 milioni di persone non usano internet e che mentre l’85 per cento dei ragazzi lo utilizza quotidianamente, la percentuale si ribalta tra gli anziani.
Se dobbiamo ascoltare la pubblicità che ci propone il forno che si interfaccia con il frigorifero, insomma, il digitale deve diventare strumento della quotidianità e il primo passo sarà nel combattere l’analfabetismo, nella diffusione della conoscenza telematica.

Da questa constatazione, dal desiderio di promuovere una comunità che, oltre a considerare i diritti umani, segnali la presenza di barriere fisiche, sociali, politiche, amministrative che riducono la partecipazione e l’inclusione, dentro l’università patavina è nato il Manifesto per l’inclusione, un segnale importante per chi vuole vivere in una vera smart city.
Lo stesso Johannes Hahn, commissario europeo per la politica regionale e urbana, punta l’attenzione sullo sviluppo dei sistemi innovativi e sociali perché considerati fondamentali per far diventare una città veramente smart, pulita, sostenibile e inclusiva. E allora si potrebbe  copiare da Torino e costruire anche a Padova la piazza smart:

dall’illuminazione al controllo dei consumi, dai parcheggi alle aree relax, la piazza è ripensata integrando le tecnologie e fornendo i servizi, per mettere l'innovazione a servizio delle persone.
Si parte da una piazza, sperando di non fermarsi lì.

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