Padova verso il voto. Fabrizio Dughiero: "Possiamo diventare capitale dell'innovazione"

Padova deve diventare il centro della ricerca e dell’innovazione del Nord Est e non solo. Può farlo grazie alla posizione strategica e al grande indotto di aziende tecnologiche già presenti, ma serve un progetto complessivo di città per sostenere un cambiamento che può garantire maggior business, maggior integrazione culturale, maggiori flussi turistici. Smart city è la città del futuro e l'università, spiega il prorettore fabrizio Dughiero, è uno degli attori principali.

Padova verso il voto. Fabrizio Dughiero: "Possiamo diventare capitale dell'innovazione"

Ha appena chiuso la quinta edizione del Galileo festival dell’innovazione, «un’occasione unica per incontrare e far incontrare mondi che spesso parlano linguaggi diversi ma che sempre di più hanno la necessità di comprendersi e dialogare, perché l’innovazione nasce dal dialogo e soprattutto dalla condivisione del sapere e del saper fare», spiega Fabrizio Dughiero, prorettore al trasferimento tecnologico e al rapporto con le imprese dell’università di Padova, che delinea alcuni scenari possibili.

Quale futuro per Padova?
«Serve una premessa importante, che sembra scontata ma che in realtà non lo è per nessuno: non bisogna ragionare sul breve termine, ma su cosa dovrebbe essere Padova tra dieci anni. Ho un mio parere che parte da un libro di Enrico Moretti, che ha condotto una bella indagine accorgendosi di una cosa fondamentale:

sempre di più l’innovazione si concentra verso le città, per cui queste diventano agglomerati particolari, e l’innovazione è un fattore cruciale per rilanciare l’economia. Se il manifatturiero classico per ogni nuovo posto di lavoro creato ne produce uno e mezzo in altri ambiti, l’innovazione ha un fattore moltiplicatore cinque.

Questo significa che non solo produce posti di lavoro ad alto contenuto tecnologico e di conoscenza ma diventa anche supporto, corollario per una rivitalizzazione della città stessa. Credo quindi si debba puntare sull’innovazione, anche perché per farlo servono strutture di ricerca e la nostra università è prima in Italia secondo l’ultima valutazione nazionale. Lo sviluppo va pensato in collaborazione con l’università che è un asse fondamentale per la città, anche e non solo per i suoi 60 mila studenti».

Puntare sull’innovazione quindi?
«Sì, tutte le istituzioni importanti dovrebbero concentrarsi e convergere sull’idea che Padova possa diventare hub dell’innovazione. Innanzitutto dovremmo far ritornare Padova un polo di attrazione per i talenti. Far tornare i cervelli che sono andati all’estero e far rimanere quelli che pensano di andarsene dopo che li abbiamo formati; pensare all’innovazione in più direzioni: tecnologica, culturale, sociale.
Una volta l’innovazione era incrementale: si miglioravano giorno per giorno i processi e il prodotto puntando sui tecnici specializzati. Non basta più. Adesso si deve partire dalla ricerca di base e puntare sulla contaminazione di carattere culturale e multidisciplinare, su innovazione tecnologica e innovazione sociale. Questo porta alla vera innovazione, cosiddetta “distruttive”, innovazione che è in grado di portare a crescite a due cifre».

Dove investire?

«Servono luoghi fisici e il luogo perfetto a Padova è la fiera: un posto strategico, nevralgico rispetto alla città e al Nord Est e rispetto agli stessi istituti universitari. Lì si dovrebbero creare “contamination lab”, luoghi di contaminazione che promuovono la cultura dell'imprenditorialità, dell'innovazione e nuovi modelli di apprendimento. Questo cambierebbe totalmente l’attuale modello della fiera e darebbe impulso alla rigenerazione del quartiere, che ritornerebbe ad essere popolato soprattutto da giovani. Il progetto Soft city va in questa direzione».

Giovani e innovazione: è questo il connubio vincente?
«Sì. i giovani sono futuro e capacità di rischiare. Oggi i giovani non fanno parte della politica e invece vanno ascoltati e coinvolti in prima persona, per creare motivazioni e trovare nuove soluzioni. Dobbiamo sviluppare la capacità di coinvolgere i giovani a partire dal basso e raccogliere le migliori idee per svilupparle; in questo modo gli universitari, e non solo, potrebbero diventare una risorsa per la città. Ci deve essere un avvicinamento tra la città e l’università perché questa rappresenta un bagaglio enorme di conoscenza e idee. Coinvolgere 60 mila giovani e 5 mila ricercatori vuol dire smuovere la città, far dialogare un ampio bacino di persone».

Quali sono i principali temi da affrontare?
«Da ingegnere potrei dire che mobilità sostenibile e rigenerazione urbana sono i temi da cui partire. Padova è bella, non c’è da fare molto, occorre cercare di risolvere in maniera precisa i problemi che ci sono. E’ necessario puntare sui sistemi pubblici di trasporto e sulla mobilità elettrica; diffondere sistemi di ricarica delle auto elettriche, pensare a parcheggi decentrati collegati al centro con navette elettriche e sviluppare di più l’uso delle biciclette. Rigenerare tutto il sistema del riscaldamento e degli involucri degli edifici, pensare a uno sviluppo smart del turismo.
E per questi interventi esistono linee di finanziamento che la nostra città può e deve sfruttare. Un primo progetto di rigenerazione urbana potrebbe proprio essere la fiera, facendola diventare la cittadella dell’innovazione e della cultura attraverso, finalmente, la realizzazione di un centro congressi all’altezza di Padova».

Qual è la vocazione di Padova?
«Padova deve diventare il centro della ricerca e dell’innovazione del Nord Est e non solo. Siamo centrali rispetto al Veneto, ma la capacità di innovare e realizzare progetti non ha confini e l’innovazione porta a maggiori affari, maggior integrazione culturale, maggiori flussi turistici. E poi bisogna pensare a una evoluzione del commercio. I negozi possono diventare anche vetrine, mettendo a sistema il classico modello del negozio di quartiere con l’e-commerce: attraverso un sistema di logistica efficiente si può gestire il commercio al dettaglio in maniera innovativa e si possono interpretare anche i negozi di quartiere in una logica moderna. Ricordiamo infine che

Padova è un nodo centrale per le comunicazioni via internet: è un nodo fisico, come pochi altri in Italia. Lo sviluppo dei "big data" e della connessione di oggetti in rete vedrà una crescita enorme nei prossimi anni e Padova ha tutte le carte in regola, insieme agli attori principali del settore delle comunicazioni, per giocare un ruolo fondamentale in quest’ambito».

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