«Altro che guerra, l'Occidente smetta di finanziare terroristi e paesi collusi».
L'analisi di Fulvio Scaglione, editorialista di Avvenire e Famiglia cristiana, è un duro atto d'accusa: negli ultimi quindici anni i fatti di sangue sono costantemente aumentati e da documenti pubblicati da Wikileaks è emersa la prova di come i paesi occidentali coltivino relazioni commerciali importanti con chi finanzia l’estremismo islamico. «Per questo stiamo perdendo la guerra al terrore»
Gli attentati dell'11 settembre 2001 negli Usa sono un punto di origine della nostra storia. Da lì nasce la guerra al terrore, da quel giorno abbiamo scelto di cedere una parte dei nostri diritti e della nostra libertà. Ne è certo Fulvio Scaglione, editorialista di Avvenire e Famiglia cristiana, esperto di Medio Oriente e autore de Il patto col diavolo (Bur).
Cos’ha cambiato per tutti noi la tragedia dell’11 settembre 2001?
«È cambiata la forma mentis. Nel 2001 non avremmo mai abbandonato diritti e libertà per salvarci. Per capirlo occorre ripartire dal fatto che questa è stata una grande tragedia mondiale: circa tremila morti di 90 paesi diversi e il 15 per cento di loro non era di nazionalità statunitense. Non a caso quando il presidente Bush dichiarò guerra al terrorismo ci fu un afflato corale di unione e in quel momento sembrava avere senso dire “Siamo tutti americani” condividendo un senso globale. Le cicatrici sono durate a lungo, poi è mutato il clima e questo sentimento collettivo si è andato spegnendo e il supporto della gente è andato perduto perché non ne è nato un mondo migliore, per cui: non siamo più tutti americani».
Con quali conseguenze?
«L’effetto è stato disgregante. La guerra coloniale e imperialista del 2003 in Iraq ha dato vita alla disgregazione e ha portato al contrario di quanto si sperava. Anziché un sentire comune si è avviata la disunione degli intenti e le troppe tragedie che ne sono scaturite hanno fatto dimenticare quella di Ground zero. Si sono sovrapposte altre ferite e quella non è stata risolta. Dopo l’11 settembre abbiamo sposato le ragioni della violenza e la grande promessa è stata tradita. Così è stata tradita la memoria dei tremila morti e dei tanti episodi di eroismo civile. Sono morti per niente».
Quindi è stata dichiarata la guerra…
«L’Occidente ha dichiarato guerra al terrore, ma oggi non c’è meno terrorismo. Quindici anni dopo l’attentato alle Torri gemelle, il bilancio della guerra al terrore è disastroso: dal 2000 al 2016 gli episodi sono aumentati nove volte; nel 2013 in cinque paesi sono stati compiuti attentati che hanno causato 500 morti, ma nel 2014 i paesi sono stati 11; dal 2013 al 2014 gli attentati sono aumentati del 14 per cento. Direi che abbiamo perso la guerra contro il terrorismo. Oggi c’è disgregazione e ci sono sempre più muri perché il mondo si sente coinvolto in una nuova guerra fredda e il terrorismo è usato come arma».
Cosa significa?
«Sappiamo che non è per caso. Sappiamo benissimo che il terrorismo islamico è coltivato dall’Occidente da almeno 36 anni, da quando nel 1980 si decise di sostenere i mujahiddin in Afghanistan contro l’Unione sovietica. Sappiamo che il terrorismo è finanziato dai paesi del Golfo Persico. Se si vuole combattere il terrorismo dovremmo intervenire lì, nei confronti di chi paga. invece l’Occidente ha razionalmente scelto di coprire politicamente in cambio di denaro coloro che coltivano i terroristi. Quindi non possiamo pretendere di sconfiggere il terrorismo islamista. Negli anni abbiamo visto i vari soggetti mutare forma ma rimanere della stessa sostanza: dai mujahiddin afgani ai combattenti Daesh di oggi i terroristi sono tutti mutazioni della stessa bestia».
Quindi non c’è una vera guerra al terrorismo?
«Nel 2010 Wikileaks rese pubblici dei documenti riguardanti il Dipartimento di stato americano, così abbiamo scoperto che all’epoca il Segretario di stato, Hillary Clinton, raccontava ai collaboratori che i sauditi finanziano i terroristi. Eppure, pochi mesi dopo la Clinton controsigla la più grande vendita singola di armi di tutti i tempi all’Arabia Saudita: 63 miliardi di dollari. Siamo i migliori amici dei migliori amici del terrorismo islamico. Non c’è nessuna vera guerra al terrorismo perché dal 2001 i terroristi sono sempre cresciuti e gli occidentali non vincono».
Uno scenario senza speranza?
«Ci sono dei focolai di speranza di cui tener conto. La Tunisia, lo stato nazione che si enucleava in Siria e Iraq, un ruolo positivo che potrebbe essere agito da Iran, Egitto e Turchia. I paesi del Medio oriente dipendono dall’Occidente e se il primo passo viene da noi, forse c’è una speranza perché una coscienza sta crescendo tra i cittadini. È sconfortante l’impotenza dell’Europa dove vecchi terrorizzati di perdere il proprio benessere respingono gli immigrati. Eppure la nostra cultura sarebbe un elemento importante per uscire da questa situazione».