La Libia brucia. Milizie armate fuori controllo
Emergency costretta ad abbandonare il paese. Fuoco su una nave di Medici senza frontiere. Dall'Italia arrivata per via aerea una quarta spedizione di medicinali e attrezzature sanitarie. Truppe speciali americane, inglesi e francesi in campo. È la “battaglia finale" contro l'Isis o un nuovo "tutti contro tutti"?
La situazione militare in Libia è totalmente fuori controllo.
Anche Emergency, l’organizzazione di Gino Strada abituata a operare nelle aree più rischiose del globo, ha annunciato che chiuderà a breve l’ospedale di Gernada, villaggio a 70 chilometri da Derna e 150 da Bengasi.
«Se addirittura Emergency decide di lasciare Bengasi la situazione è veramente brutta – osserva Elvio Rotondo, country analyst di geopolitica e fondatore del blog 38esimo parallelo, specializzato in questioni militari – Alcuni giorni fa, anche una nave di Medici senza frontiere per il soccorso dei migranti è stata oggetto di colpi di arma da fuoco».
Oggi in Libia si combatte senza sosta sia nell’area di Sirte (Tripolitania) che in quella di Bengasi (Cirenaica).
«Nel paese si contano 140 tribù e oltre 1.500 tra gruppi armati e milizie rivali legate da un sistema di alleanze che continua a cambiare – spiega Rotondo – Se questi gruppi continueranno a rimanere incontrollati, rischieranno di far diventare la Libia una nuova Somalia».
Nei giorni scorsi le milizie di Misurata hanno riconquistato gran parte della città di Sirte, ultima roccaforte degli jihadisti dell’Isis nel paese.
Il capo delle milizie Khalifa Haftar, che ha il comando a Tobruk, nell’est della Libia, non ha riconosciuto il governo di unità nazionale guidato da Fayez al Sarraj e ha cercato di bloccarne la formazione. Haftar è appoggiato da Egitto ed Emirati Arabi Uniti e combatte soprattutto a Bengasi, una città al momento controllata da diverse milizie indipendenti, tra cui molti gruppi formati da estremisti religiosi.
Usa ed Europa, forze speciali in campo.
In Tripolitania le forze speciali Usa forniscono aiuto diretto, sul terreno, alle forze locali che combattono l’Isis, nel tentativo appunto di riconquistare la città di Sirte. Il loro ruolo sarebbe limitato per il momento ad azioni di sostegno delle truppe libiche locali, senza un coinvolgimento diretto nei combattimenti.
«I Berretti verdi statunitensi localizzano gli obiettivi che vengono poi colpiti da jet ed elicotteri che decollano dalla portaelicotteri Wasp o da droni armati Reaper che partono da una base in Giordania – prosegue Rotondo – Ci sono poi una cinquantina gli incursori britannici, che da due mesi affiancherebbero le milizie di Misurata. Mentre in Cirenaica, nella zona di Bengasi, la presenza di incursori francesi secondo alcuni media avrebbe scatenato rabbiose reazioni a Tripoli e in altre città libiche. La Francia infatti starebbe lavorando al fianco delle forze fedeli al comandante libico Khalifa Haftar».
«La battaglia per la cacciata dell’Is da Sirte è entrata nella fase finale, ma non è comunque finita – conclude l’analista – I militanti dell’Is lasciando Sirte potrebbero dirigersi verso sud in quanto a ovest si trovano le milizie Misurata e altre forze fedeli al governo di accordo nazionale, e a est le guardie alle strutture petrolifere».