Riaprono le case famiglia in Emilia-Romagna, tamponi all'ingresso
Si riaprono all'esterno dopo l'emergenza coronavirus le comunità di accoglienza per bambini e ragazzi, per donne con bambini e centri per le famiglie. Le linee guida messe a punto dalla Regione
Si riaprono all'esterno dopo l'emergenza coronavirus le comunità di accoglienza per bambini e ragazzi, per donne con bambini e centri per le famiglie dell'Emilia-Romagna. Questo l'obiettivo delle linee guida messe a punto dalla Regione: tra le indicazioni fornite, la necessità "di diversificare la ripresa dei servizi in base al target di utenza e al relativo grado di rischio di contagio; la riorganizzazione degli spazi interni, il rispetto delle norme igieniche e di sanificazione, l'utilizzo delle mascherine e i test sierologici". Nelle strutture che ospitano "bambini, ragazzi, gestanti e madri con minori che non possono più vivere nelle proprie famiglie, l'emergenza Coronavirus ha determinato difficoltà serie, di cui si deve tener conto", sottolinea la vicepresidente con delega al Welfare, Elly Schlein.
Si è allora intervenuti, sottolinea l'assessore, "a partire dal nuovo fondo sociale regionale 2020, prevedendo un fondo finalizzato di 500.000 euro dedicato al sostegno alle comunità per minori rispetto alle difficoltà e maggiori costi che hanno avuto durante la fase uno dell'emergenza". Ora, in fase 2, "anche se in modo graduale per garantire la sicurezza di utenti, famiglie e operatori, possono riaprire e riprendere le consuete attività".
I nuovi ospiti delle strutture di accoglienza dovranno effettuare il tampone naso-faringeo per il Covid-19 prima dell'ingresso.
Per quanto riguarda le attività e gli interventi educativi rivolti a bambini e ragazzi accolti in comunità o in affidamento in famiglie, "possono riprendere gradualmente, nel rispetto dei principi di prudenza e sicurezza ed essere svolti, individualmente o in piccoli gruppi, anche con più utenti contemporaneamente".
Le linee guida regionali per la ripresa delle attività "prevedono la riorganizzazione degli spazi interni, il rigoroso utilizzo delle mascherine da parte degli operatori, adulti e bambini di età superiore ai sei anni, se le attività si svolgono in locali chiusi o all'aperto, qualora non sia possibile rispettare la distanza di sicurezza". Nel caso degli affidi famigliari "si consiglia la rimodulazione del progetto di affido, con particolare attenzione alla situazione della famiglia affidataria per quanto attiene, ad esempio, la presenza di parenti anziani conviventi, componenti o minori accolti con quadri clinici a rischio per il Covid-19, tipologia di lavoro svolto dai componenti del nucleo affidatario che li esponga a possibili contagi".
I rientri in famiglia dei minori sono possibili "in modo graduale e programmato e si suggerisce ai servizi sociali responsabili dei casi di affidamento di raccogliere, anche attraverso apposito questionario o autodichiarazione, le necessarie informazioni per accertare che il nucleo familiare sia in buona salute, che nessun componente abbia sintomi riconducibili all'infezione o abbia avuto contatti con persone contagiate nei 14 giorni precedenti all'incontro, né sia sottoposto a quarantena". Le frequentazioni 'protette’ tra genitori e figli in luogo neutro "possono riprendere solo se strettamente necessarie e disposte dall'autorità giudiziaria. In caso contrario, dovranno essere garantiti i contatti, comunque espressamente autorizzati, di video-chiamata, al fine di tutelare anche la riservatezza dei luoghi". (DIRE)