Pasti a scuola con lunch box? “Ne servirebbero 500 mila al giorno”

Tuttoscuola valuta l’impatto della proposta del Cts della Protezione civile e stima che il 20-25% dei pasti potrebbe essere consumato in classe in questa modalità. “Una quantità non facile da gestire”. E a quali costi? Circa 2 milioni gli alunni nelle statali che mangiano a scuola

Pasti a scuola con lunch box? “Ne servirebbero 500 mila al giorno”

"Lunch box" di plastica termosaldata per il consumo dei pasti in classe con posate monouso? La proposta avanzata in un documento dello scorso 28 maggio dal Comitato Tecnico Scientifico della Protezione civile, sotto la lente d’ingrandimento di Tuttoscuola, testata specializzata nel settore scolastico, che ne ha valutato l’impatto e secondo cui, dati alla mano, non si tratta di una soluzione priva di difficoltà e inconvenienti. “Tra le tante difficoltà operative per la ripresa delle lezioni, garantendo le regole per il distanziamento, non è da sottovalutare quella relativa al pasto a scuola. – si legge - Anche per questo importante momento della vita scolastica deve essere assicurato il distanziamento di almeno un metro, e non sempre potrà essere sufficiente il ricorso a turni di mensa. Inoltre a molte scuole dotate di refettorio potrebbe far comodo utilizzare quegli ambienti come spazio didattico.”

Il Cts nel documento dello scorso 28 maggio sottolineava la necessità per le singole realtà scolastiche di identificare soluzioni organizzative ad hoc per la refezione “che consentano di assicurare il necessario distanziamento attraverso la gestione degli spazi (refettorio o altri locali idonei), dei tempi (turnazioni), e in misura residuale attraverso la fornitura del pasto in "lunch box" per il consumo in classe."

Tuttoscuola stima che siano circa mezzo milione i lunch box da utilizzare ogni giorno. “Le ditte preposte alla preparazione dei pasti sono già attrezzate? E il lunch box comporterà costi aggiuntivi per le famiglie, oltre che per i Comuni?”, si chiedono gli osservatori.

Nel corso dell’anno scolastico sono 316 milioni i pasti che vengono consumati a scuola. A causa della sospensione delle attività didattiche causata dall’emergenza Covid 19, il consumo relativo all’ultimo anno è stato di circa il 30% inferiore rispetto al normale (200 milioni circa di pasti consumati), il che ha tra l’altro messo in grave difficoltà le aziende del settore, che occupano 39.000 addetti. Tuttavia, per il prossimo anno scolastico, con le attività che dovranno essere svolte in presenza, dovrebbe tornare ai 316 milioni di pasti da consumare.

Secondo le stime di Tuttoscuola sono circa 2 milioni gli alunni nelle scuole statali che consumano il pasto a scuola. Nello specifico, nel 2019-20, prima del lockdown, nelle scuole dell’infanzia sono stati quasi 806 mila i bambini che, con l’orario educativo per l’intera giornata, hanno pranzato a scuola tutti e cinque i giorni della settimana per l’intero corso dell’anno. Nella scuola primaria sono stati circa un milione e 23 mila gli alunni che per cinque giorni a settimana hanno consumato il pasto a scuola in quanto frequentanti il tempo pieno (più di 923 mila) o il tempo lungo (80 mila). Nella scuola secondaria di I grado 178 mila alunni hanno frequentato il tempo prolungato per due-tre giorni alla settimana.

“Per il prossimo anno scolastico - si legge - si può soltanto avanzare qualche stima, ma tra locali di refezione utilizzati eccezionalmente come aule didattiche e riduzione del tempo scuola, il 20-25% dei pasti potrebbe essere consumato in classe con il lunch box. Per l’intero anno, per ognuno dei 175 giorni di attività nelle scuole dell’infanzia, dovrebbero essere approntati e serviti tra i 160 mila e i 200 mila lunch box; nella scuola primaria, per ognuno dei 165 giorni di attività, tra i 200 mila e i 250 mila lunch box; nella secondaria di I grado in ognuno dei 83 giorni di tempo prolungato tra i 35 mila e i 45 mila lunch box”.
Complessivamente, dunque, ogni giorno vi potrebbero essere tra i 400 mila e i 500 mila lunch box da servire. Una quantità non facile da gestire”.

“Va sottolineato – spiega Tuttoscuola - che normalmente a scuola i pasti vengono serviti caldi secondo variazione dei menù in base a precise indicazioni dietetiche. Le ditte preposte alla preparazione dei pasti sono già in grado di riconvertire attrezzature e personale per predisporre i pasti caldi e variati nella nuova modalità? Probabilmente solo le più grandi, e non è detto che lo siano da subito, anche perché occorrono macchinari per la termosigillazione e adeguati processi di distribuzione. Sarà necessario rivedere gli appalti esistenti o aprirli a nuove ditte? A quali maggiori costi? E l’eventuale interruzione dei contratti esistenti comporterà per i Comuni il pagamento di penali?”

La testata ricorda l’analisi del sito www.foodinsider.it: "Secondo gli operatori del mercato questa modalità di erogazione del pasto in classe richiederà una revisione dei contratti perché aggiungerà nuovi costi: l’acquisto di stoviglie usa e getta, macchine termosigillatrici e un processo di elaborazione dei pasti che, probabilmente, inizierà ancora prima la mattina nelle cucine industriali che dovranno termosigillare migliaia di piatti da veicolare nelle scuole e distribuire nelle classi. Molte delle cucine comunali interne alle scuole non potranno più essere utilizzate, sempre secondo gli addetti del settore, perché non attrezzate per la preparazione di un pasto in monoporzione. Quindi tutto il processo verrà centralizzato in centri cucina industriali dove per alcune aziende sarebbe addirittura utile adottare il ‘sistema refrigerato’, il cosiddetto cook and chill. Quindi non più il pasto tradizionalmente cotto e servito in mattinata, ma preparato anche giorni prima per poi essere abbattuto o surgelato e rinvenuto al momento opportuno".

Senza contare che “i pasti normali per tutti gli altri alunni che si avvalgono della mensa continueranno ad essere preparati e somministrati come sempre. L’interazione tra le due modalità di somministrazione dei pasti (refezione nei locali di mensa e lunch box in classe) potrebbero anche determinare variazione degli assetti del personale preposto”.

I costi dei singoli pasti a carico dei Comuni. Secondo gli osservatori gli enti locali “potrebbero ribaltarne almeno una quota sulla retta a carico delle famiglie, molte delle quali come noto già in situazione di criticità lavorativa a causa della lunga emergenza sanitaria”

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)