Le capacità percettive precoci dei neonati. Solo poche ore dopo la nascita, i neonati umani possono identificare il proprio corpo
Già pochi giorni dopo la nascita, nel cervello umano è attivo un meccanismo neurale che ci fa percepire nitidamente i confini del nostro corpo nello spazio.
Autoconsapevolezza, coscienza di sé, percezione dei confini del proprio corpo nello spazio. Tutte capacità essenziali che ci consentono una rappresentazione corretta della nostra collocazione nello spazio e nel tempo, permettendoci tante attività quotidiane altrimenti irrealizzabili. Capacità raffinate e complesse, che immediatamente immaginiamo legate ad uno stadio di sviluppo organismico avanzato, ad un soggetto adulto. Eppure, adesso sappiamo che, già pochi giorni dopo la nascita, nel cervello umano è attivo un meccanismo neurale che ci fa percepire nitidamente i confini del nostro corpo nello spazio. Lo attesta un nuovo studio (pubblicato sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”), realizzato da un gruppo di ricercatori del Manibus Lab dell’Università di Torino, guidati da Francesca Garbarini, professoressa di psicobiologia dello stesso ateneo, insieme ad alcuni colleghi di istituti svizzeri e statunitensi.
Certamente, la possibilità d’identificare il proprio corpo e i suoi limiti, in quanto prerequisito della consapevolezza di sé e quindi della capacità d’interagire in modo efficace con l’ambiente esterno, costituisce una facoltà fondamentale per la nostra vita. Ebbene, questa nuova ricerca ne individua l’origine nel corso dello sviluppo neurobiologico dell’individuo. Già altri studi precedenti avevano evidenziato nei primati la presenza di una rappresentazione del cosiddetto “spazio peripersorsonale”, una specie di bolla invisibile che circonda il corpo del soggetto, la cui mappatura viene costantemente aggiornata mediante l’integrazione degli stimoli che provengono dai diversi organi di senso (in particolare i segnali visivi e acustici che arrivano dall’esterno) con i segnali propriocettivi, che riguardano la percezione interna del proprio corpo.
Il recente studio ha individuato alcuni meccanismi centrali in tale processo. Il primo riguarda la modulazione spaziale dell’integrazione multisensoriale: nei primati, la risposta neuronale agli stimoli visivi e uditivi diminuisce man mano che cresce la loro distanza dal corpo, e viceversa. Il secondo meccanismo, caratteristico invece degli esseri umani, è chiamato “superadditività”: gli stimoli che hanno origine vicino al corpo accelerano le risposte comportamentali e amplificano l’attività neurale correlata. Due meccanismi, dunque, che rappresentano indici indiretti (verificabili sperimentalmente) della capacità di un soggetto di rappresentarsi lo spazio attorno al proprio corpo; essi si rivelano quindi preziosi per comprendere se tale capacità sia già presente nei primi giorni di vita. Per verificare questa ipotesi, Garbarini e colleghi hanno coinvolto nello studio 25 neonati e 25 adulti (costituenti il gruppo di controllo), sottoponendoli a elettroencefalografia per confrontare le loro risposte elettrofisiologiche alla stimolazione tattile, quando stimoli uditivi concomitanti venivano prodotti ad una distanza più o meno breve dal loro corpo. In coerenza con i risultati ottenuti in studi precedenti, gli adulti hanno mostrato una chiara modulazione spaziale dell’integrazione multisensoriale, con risposte “superadditive” in presenza di stimoli vicini al corpo. Anche nei neonati, i test effettuati mostrano la presenza di un vero e proprio pattern elettrofisiologico di integrazione multisensoriale, sempre più evidente via via che aumentano i giorni di vita dei piccoli. Ma il dato più rilevante emerso dalla sperimentazione è che, come per gli adulti, le risposte multisensoriali “superadditive” dei neonati erano modulate dalla vicinanza al corpo. Una chiara conferma, dunque, del fatto che, solo poche ore dopo la nascita, i neonati umani possono identificare il proprio corpo come un’entità distinta dall’ambiente.
“Questo risultato è importante – spiega Francesca Garbarini – perché per la prima volta chiarisce che, a differenza di quanto accade in altri mammiferi, per cui si osserva un lento sviluppo dell’integrazione multisensoriale dopo la nascita, i neonati umani sono già in grado di associare un suono a un tocco a poche ore di vita. Questo potrebbe essere dovuto alla lunga e ricca fase di gestazione che potrebbe aver già preparato l’emergere di questo meccanismo alla nascita. Inoltre, le risposte neurali osservate mostrano che il bambino è in grado di distinguere se il suono viene dato vicino o lontano dal suo corpo. Tale aspetto rappresenta un prerequisito fondamentale per sviluppare i comportamenti difensivi, come imparare a reagire a minacce che avvengono vicine al mio corpo, ma anche meccanismi relazionali, come imparare a interagire con gli oggetti intorno a me e con le persone che mi sono vicine”.