L’uso della IA per il restauro delle opere d’arte. Un nuovo strumento in grado di migliorare l’analisi dei materiali artistici

L'innovativo strumento sviluppato dal team di ricerca utilizza una rete neurale allenata su oltre 500.000 spettri sintetici per identificare con estrema precisione i pigmenti presenti nei dipinti

L’uso della IA per il restauro delle opere d’arte. Un nuovo strumento in grado di migliorare l’analisi dei materiali artistici

Quando pensiamo alle meravigliose opere d’arte che compongono il nostro patrimonio culturale, come i capolavori della pittura rinascimentale, difficilmente consideriamo la complessità nascosta dietro il lavoro di restauro e conservazione. Il compito di preservare l’originaria bellezza di un dipinto o di ricostruirne le parti deteriorate non è un’operazione semplice, ma richiede conoscenze approfondite sui materiali costitutivi e su come questi si sono modificati nel tempo. Gli esperti di restauro affrontano opere composte da materiali eterogenei, spesso miscelati tra loro e soggetti a modifiche chimiche e fisiche nel corso dei secoli.

Per questi professionisti, disporre di informazioni affidabili sui materiali impiegati è fondamentale per prendere decisioni cruciali, dal cui successo dipende l’integrità e la sopravvivenza dell’opera d’arte stessa. Recentemente, una nuova metodologia promette di fornire un supporto decisivo in questo complesso processo, grazie all’applicazione dell’intelligenza artificiale.

Un recente studio (pubblicato sulla rivista “Science Advances”), condotto dal gruppo dell’Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) di Catania, presenta un nuovo strumento in grado di migliorare l’analisi dei materiali artistici. Questo strumento sfrutta una rete neurale per l’apprendimento profondo, capace di analizzare grandi quantità di dati spettrali ottenuti tramite fluorescenza a raggi X, una tecnica comunemente usata per studiare i pigmenti dei dipinti.

La fluorescenza a raggi X è una tecnica non invasiva, che consente di raccogliere dati senza danneggiare l’opera. Tuttavia, uno dei principali limiti dei metodi tradizionali risiede nella complessità della successiva analisi dei dati raccolti, che spesso richiede competenze molto specializzate e può portare a risultati imprecisi.

L’innovativo strumento sviluppato dal team di ricerca utilizza una rete neurale allenata su oltre 500.000 spettri sintetici per identificare con estrema precisione i pigmenti presenti nei dipinti, superando i problemi tipici della “deconvoluzione” dei dati spettrali. La deconvoluzione è una tecnica che permette di separare i contributi dei diversi elementi chimici nei dati raccolti, ma può introdurre artefatti e imprecisioni.

Lo studio sperimentale ha coinvolto due porzioni di un celebre dipinto di Raffaello Sanzio, risalente al 1500-1501, parte della “Pala Baronci”. Le porzioni analizzate raffiguravano il Dio Padre e la Vergine Maria. L’applicazione della rete neurale a questi dipinti ha mostrato risultati estremamente precisi, consentendo l’identificazione di singole sostanze anche in concentrazioni minime e in situazioni particolarmente complesse, dove gli spettri dei vari elementi chimici risultavano parzialmente sovrapposti.

Un esempio rilevante riguarda l’identificazione di tracce di zinco nell’ocra, che ha permesso di stabilire l’origine del pigmento dalle Marche, una regione storicamente famosa per la produzione di colori di qualità. Inoltre, l’analisi ha rivelato particolari nascosti o alterati nel tempo, come interventi di restauro eseguiti con pigmenti non coerenti con il periodo storico originario dell’opera.

Nell’uso tradizionale della fluorescenza a raggi X, la deconvoluzione dei dati può essere fonte di incertezze. Il nuovo approccio basato sull’apprendimento profondo rappresenta un passo avanti, poiché la rete neurale è stata addestrata su spettri sintetici che simulano in modo estremamente accurato i dati reali. Questo consente di ottenere una precisione superiore nell’analisi dei pigmenti, riducendo il rischio di errori legati alla complessità dei dati.

Come sottolineato da Francesco Paolo Romano, responsabile del laboratorio XRAYLab di Catania, “la nostra rete neurale è stata progettata per superare i limiti intrinseci della deconvoluzione, allenandola con un vasto numero di spettri sintetici rappresentativi di 57 pigmenti e delle loro miscele”. Questo permette di ottenere una rappresentazione accurata della distribuzione dei pigmenti senza introdurre gli artefatti comuni nei metodi tradizionali.

Il successo dello strumento, testato sui dipinti di Raffaello, apre nuove prospettive per l’applicazione su altre opere d’arte. Lucia Toniolo, docente di scienza e tecnologia dei materiali al Politecnico di Milano, ha sottolineato l’importanza di studi come questo, che “vanno nella direzione giusta per il futuro dei beni culturali, in particolare per quanto riguarda l’utilizzo dell’intelligenza artificiale per interpretare correttamente i dati complessi”. Toniolo ha evidenziato come uno dei principali ostacoli nel campo della conservazione dei beni culturali sia l’interpretazione dei dati raccolti con metodi non invasivi. L’intelligenza artificiale, in particolare le reti neurali profonde, si stanno rivelando strumenti cruciali per superare queste sfide, grazie alla loro capacità di riconoscere schemi nascosti nei dati e di apprendere dagli errori per migliorare continuamente le proprie prestazioni.

Nonostante i risultati promettenti, l’applicazione su larga scala del metodo presenta ancora delle sfide. Uno degli aspetti cruciali sarà rendere il sistema ampiamente accessibile, anche per chi non dispone di strumenti tecnologicamente avanzati come quelli impiegati nello studio. Tuttavia, Romano ha già evidenziato alcuni segnali positivi: “Abbiamo visto che è possibile ottenere risultati di buona qualità anche con strumentazioni meno sofisticate e con un numero ridotto di spettri sintetici per l’addestramento della rete neurale”.

Questo fa ben sperare nella possibilità di estendere il metodo ad altri contesti, semplificando l’analisi dei materiali artistici anche in situazioni meno favorevoli. Il cammino verso una diffusione capillare è ancora lungo, ma gli studi come quello presentato rappresentano un passo significativo verso un futuro in cui l’intelligenza artificiale possa diventare uno strumento indispensabile per la conservazione del patrimonio artistico.

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Fonte: Sir