Imparare il volontariato. I percorsi di alternanza scuola-lavoro dell'Opera don Calabria di Roma P
Per sensibilizzare e avvicinare i giovani alle iniziative del “terzo settore” alcune associazioni che operano nel sociale stanno promuovendo attività nelle scuole secondarie di secondo grado.
In Italia sono ancora pochi gli adolescenti che si avvicinano in maniera spontanea alla realtà del volontariato. I dati Istat 2021 riferiscono che nella fascia di età compresa tra i 14 e i 17 anni soltanto il 3,9% dichiara di averne fatto esperienza. La percentuale cresce tra i giovani di 18-19 anni (8,9%).
Rispetto ai coetanei che vivono nel Nord Europa o negli Stati Uniti i nostri giovani appaiono meno coinvolti nel sociale. In realtà, in questi Stati il volontariato è valorizzato e sostenuto dalle istituzioni e la sua pratica viene promossa e premiata fra le nuove generazioni, viene inserita nel curriculum scolastico e permette di acquisire crediti formativi.
Per sensibilizzare e avvicinare i giovani alle iniziative del “terzo settore” alcune associazioni che operano nel sociale stanno promuovendo attività nelle scuole secondarie di secondo grado all’interno dei Pcto (Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento), ovvero nella cosiddetta alternanza scuola-lavoro.
L’Opera don Calabria di Roma, impegnata in servizi e progetti a scopo riabilitativo, assistenziale e ricreativo rivolti a persone con problemi di salute mentale e anche nell’accoglienza turistico-sociale, ha avviato proprio quest’anno dei percorsi di alternanza scuola-lavoro con studenti della scuola superiore. L’esperienza è inizialmente partita con i “vicini di casa”, gli studenti dell’I.I.S. Einstein-Bachelet del quartiere Primavalle, un territorio complesso della periferia romana.
“Storicamente l’Opera si è sempre rivolta ai giovani – spiega Cinzia Cardamone, coordinatrice dell’Area grave marginalità, volontariato e responsabile del Servizio civile universale -. La prima struttura, sorta nel 1907 per volontà del fondatore San Giovanni Calabria, venne chiamata ‘casa dei buoni fanciulli’. Nel solco di questa tradizione all’interno della nostra struttura già da qualche anno è attivo un centro aggregazione giovanile, i nostri operatori vi organizzano dal lunedì al sabato attività socializzanti, laboratori creativi e supporto allo studio. I ragazzi possono beneficiare della presenza di educatori, psicologi e mediatori culturali. L’idea di creare un legame con le scuole secondarie del territorio attraverso i percorsi di Pcto nasce proprio sulla scorta di queste esperienze”.
Agli adolescenti vengono proposti temi complessi: il disagio mentale e la grave marginalità. “Di fronte a essi i ragazzi fanno una grande scoperta, spesso scioccante e destabilizzante – spiega ancora la dottoressa Cardamone -. All’inizio hanno un atteggiamento ‘evitante’ e prudente, ma le proposte degli operatori li portano inevitabilmente a rinunciare alla ‘corazza’. Durante le ore dedicate al Pcto essi hanno modo di attraversare quel confine invisibile che separa la società dei ‘sani’ da quella dei ‘fragili’. Si rendono conto di come le circostanze che determinano il destino di una persona siano a volte una mera ‘questione di fortuna’. Ci colpisce molto anche l’interesse che i ragazzi manifestano nei confronti del nostro ambulatorio sociale di psicoterapia, rispetto al quale fanno molte domande e restituiscono riflessioni inaspettate”.
“Il bilancio delle attività avviate è molto positivo – sottolinea con entusiasmo la dottoressa Cardamone – . Dopo l’esperienza del Pcto i ragazzi restituiscono degli elaborati, all’interno dei quali troviamo riflessioni mature e profonde. Non è vero che i giovani sono individualisti e passivi: su alcuni temi, ad esempio la sostenibilità ambientale e l’inclusività, dimostrano maggiore sensibilità delle precedenti generazioni. Il problema è che sono schiacciati dall’incertezza del futuro, hanno smesso di credere alla narrazione del ‘se ti impegni, ce la fai’. In questo senso il confronto con il disagio estremo paradossalmente li riconcilia con il ‘valore’ della fragilità e soprattutto fa comprendere loro l’importanza della solidarietà. Il mondo del volontariato offre inoltre ai maggiorenni l’opportunità del servizio civile: venticinque ore di servizio retribuito per dodici mesi, un modo di difendere e sostenere il territorio partendo dai più bisognosi. Al loro ‘bisogno’ di futuro proviamo a fornire una risposta civile e ‘non armata’”.