Dal Gambia all’esordio con la Roma: la storia di Ebrima Darboe
Classe 2001, è arrivato in Italia da solo come minore non accompagnato nel 2017, dopo essere passato per l’inferno dei campi in Libia. Salvato in mare dalla Guardia costiera, a Rieti ha iniziato il percorso di integrazione che lo ha portato (tra molti ostacoli) in serie A. E' entrato per la prima volta in campo in Sampdoria-Roma
Esordio in serie A per Ebrima Darboe, classe 2001, originario del Gambia. Ieri sera negli ultimi dieci minuti di Sampdoria-Roma, è entrato in campo da titolare. Vent’anni da poco compiuti, Darboe è arrivato in Italia nel 2017 da solo, dopo aver lasciato la sua città Bakoteh e aver passato un periodo nell’inferno dei campi in Libia. Salvato in mare da una nave della Guardia costiera, è stato accolto prima a Catania, poi in uno Sprar per minori non accompagnati a Rieti, gestito da Arci. Qui ha iniziato a giocare nella squadra locale dello Young Rieti, dove il suo talento non è passato inosservato: segnalato da un talent scout ha iniziato il suo cammino verso la Primavera dell’A.S. Roma. Ma il percorso che l’ha portato ieri sera allo stadio Marassi è stato pieno di ostacoli.
Ebrima, o “Ibra”, come lo chiamano i compagni incontrati nella cittadina dell’alto Lazio, una volta diventato maggiorenne ha dovuto scontrarsi con le regole imposte dal decreto sicurezza, volute dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini. Come minore straniero non accompagnato, infatti, ha fatto domanda di protezione in Italia. La commissione territoriale gli aveva accordato una protezione umanitaria (abolita in seguito dal decreto Salvini). La sua regolarizzazione è stata possibile solo con il contratto fatto dalla A.S. Roma. che gli ha dato la possibilità di convertire la protezione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Ma arrivarci è stato difficile, ad ostacolare il suo percorso, oltre alle leggi sull’immigrazione, sono state le regole ferree della Federazione gioco calcio, che pongono una serie di restrizioni al tesseramento degli stranieri.
“Dal primo allenamento ci siamo accorti che era di un livello altissimo: per noi che facevamo il campionato provinciale era un fenomeno, una vera chicca - racconta l’allenatore dello Young Rieti Francesco Spognardi -. Come tutti quelli bravi, faticava a passare la palla ai compagni, voleva fare sempre tutto da solo, io dovevo insegnargli il gioco di squadra, ma non volevo perdesse l’inventiva. Abbiamo lavorato molto insieme”. Lo Young Rieti ha da anni un progetto di integrazione con il Comune e con lo Sprar (oggi Sai). “ E’ un progetto dedicato a tutti, non facciamo distinzioni, per noi sono tutti ragazzi uguali - racconta Massimo Masi, presidente della squadra - Ma certo, Ebrima spiccava per talento, quindi quando un talent scout l’ha notato è iniziato un percorso da una parte bellissimo, perché gli dava la possibilità di andare in serie A, dall’altro difficilissimo, perché abbiamo dovuto lottare tanto”. Il primo tesseramento con la squadra reatina, infatti, è stato abbastanza facile, nonostante il ragazzo fosse minore. “Il sindaco di Rieti ha firmato come tutore e siamo riusciti a tesserarlo, il problema si è posto con il passaggio alla serie A, perché non riuscivamo a far accettare i documenti. Abbiamo inviato le carte a Bruxelles, a Zurigo, ovunque - aggiunge -. Dopo vari rifiuti ci siamo riusciti, ma abbiamo lottato tantissimo”.
La severità di Fifa e Figc nel tesseramento dei ragazzi provenienti dall’Africa è legata anche alla paura della cosiddetta “tratta dei baby calciatori”: non di rado, infatti, ragazzi minori vengono fatti arrivare in Europa con documenti falsi per giocare nel campionato. E per ingrossare gli introiti del calcio scommesse. A questo si aggiungono “le restrizione per i cittadini extra comunitari per entrare a far parte delle società sportive, perché c’è un limite massimo e alcuni criteri da seguire. I ragazzi devono avere un anno di scuola alle spalle, la scuola deve essere pubblica o paritaria. Ma la Fifa era molto cauta anche per verificare che non fosse un caso di tratta dei giocatori. - spiega ancora Davide Ballone -. Nel frattempo noi avevamo preso accordi con la Roma che lo aveva nella primavera, senza poterlo far giocare in campionato. Poi fortunatamente la Figc ha emanato una circolare che parificava i ragazzi stranieri ai ragazzi italiani, in quanto minori, ed è stato il nostro cavallo di troia che ha dato il via libera al tesseramento”.
Al compimento dei 18 anni è arrivato anche il contratto che ha permesso di convertire la protezione umanitaria in permesso di lavoro. Ha iniziato a giovare nella primavera della Roma come mediano e da ieri anche in serie A. Ora il percorso seguito da Ebrima Darboe è un modello anche per altri ragazzi.