Attacco all’agricoltura. I cambiamenti climatici non sono gli unici che influiscono negativamente sul settore
Molti i problemi dei campi. Ma la resilienza del settore potrebbe avere comunque la meglio.
Agricoltura sotto attacco. Non bastano le bizze dei mercati, le ritorsioni commerciali fra gli stati e le malattie delle piante che, in alcuni casi, pare la facciano da padrone, la produzione agroalimentare deve guardarsi soprattutto da qualcosa di molto più grande di tutto questo: il cambiamento climatico.
Tema non di oggi, quello del clima che cambia, ma tema che quasi ogni giorno trova nuovi spunti di cronaca e (purtroppo) poche buone notizie. Fra le ultime, ci sono i risultati di uno studio pubblicato sulla rivista Nature che spiega come il cambiamento climatico nel continente europeo stia influenzando e cambiando le alluvioni, rendendole sempre più devastanti e frequenti nell’Europa nord-occidentale, e riducendole in quella meridionale e orientale. Con tutte le conseguenze del caso per l’agricoltura. E non si tratta di casi limitati. La ricerca (coordinata dall’università di Vienna, a cui hanno partecipato 35 gruppi di ricerca di 24 paesi europei), ha studiato i dati raccolti in oltre 40 anni da 3.738 stazioni di monitoraggio alluvionale nel Vecchio Continente ed ha confermato che nell’Europa centrale e nord-occidentale, tra l’Islanda e le Alpi, le alluvioni sono in aumento; al contrario, nell’Europa meridionale, sono in calo per via delle minori precipitazioni e la maggiore evaporazione dell’acqua del suolo. Anche se, viene fatto notare, nelle aree mediterranee, per i piccoli fiumi le alluvioni possono aumentare a causa dei temporali più frequenti e i cambiamenti nella gestione del territorio, come la deforestazione. Il succo della ricerca è che se si continuasse con questo ritmo in futuro, più regioni europee patiranno gli effetti del rischio alluvionale, con danni alle cose e alle produzioni ma soprattutto alle persone.
Intanto, per l’Italia, Coldiretti ha già fatto qualche conto. Nell’estate di quest’anno le tempeste sono raddoppiate con tanto di grandinate, trombe d’aria e bombe d’acqua. Per capire meglio, basta sapere che nelle scorse settimane si sono registrati oltre 760 episodi di maltempo estremo lungo Penisola: il 101% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (elaborazioni Coldiretti su dati Eswd, la banca dati europea sugli eventi estremi). Ma è necessario fare molta attenzione. Hanno ragione i coltivatori a parlare di “un’estate a due facce”: violente tempeste da una parte, grandi siccità dall’altra. E’ quella che i tecnici chiamano tropicalizzazione. Che ha un effetto sintetizzabile in un numero solo, perché il rapido passaggio dal caldo al maltempo mette in crisi le coltivazioni e gli allevamenti: in dieci anni pare che i danni siano arrivati a 14 miliardi di euro (tra perdite della produzione agricola nazionale e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne).
E non è tutto. Sempre dalla natura, infatti, arrivano altre minacce come quelle dei cinghiali e degli altri animali selvatici che tartassano i campi e le strade di campagna (ma sempre più spesso anche quelle nei pressi dei grandi centri urbani). Negli ultimi dieci anni – dice ancora Coldiretti – il numero dei cinghiali presenti in Italia è praticamente raddoppiato e la sicurezza nelle aree rurali e urbane “è a rischio per il loro proliferare”. Anche in questo caso, a conti fatti, i tecnici parlano di danni per quasi a 100 milioni di euro all’anno, senza contare i casi in cui ci sono state anche vittime.
La natura contro l’agricoltura, quindi. Come se non bastasse già quello che lo stesso uomo riesce a fare. Senza stare qui ad entrare nei dettagli dei problemi che agli agricoltori (e di riflesso poi ai consumatori), generano le guerre commerciali, basta ricordare l’ennesimo allarme lanciato qualche giorno fa da Confagricoltura riguardo al concreto pericolo di una Brexit senza regole: un buco di bilancio di 10 miliardi di euro, anche in questo caso con ovvie conseguenze per le imprese agricole.
Agricoltura sotto attacco, quindi. Alla faccia delle tecnologie 4.0 e delle ricerche per il miglioramento genetico delle produzioni. Ma c’è comunque una risorsa da non sottovalutare: la resilienza degli agricoltori e delle loro imprese, che tante volte non ha mancato di far sentire i suoi effetti. Certo, aiutarla sarebbe comunque meglio.