#iorestoacasaepenso. Una così lunga assenza dalla partecipazione alla vita della Chiesa potrebbe produrre anche disaffezione? Risponde don Cretella
Gino e Dina sono sposati da qualche anno, hanno due figli e si vogliono molto bene. Vivono in una bella città, lui lavora per una multinazionale e lei sta a casa con i bambini ancora piccoli. A Gino viene chiesta una trasferta di lavoro, dovrà recarsi molto distante da casa per due mesi non potendo così più vedere Dina e i piccoli.
Una grande prova per questi giovani sposi; sicuramente sia l’uno che l’altra saranno stati sorpresi, preoccupati, dispiaciuti. Necessariamente in questi due mesi dovrà cambiare la forma dei loro gesti, delle loro attenzioni, del loro volersi bene. La loro relazione sfonderà in modo nuovo il modo e lo spazio. Quello che non cambierà però è il contenuto: l’amore. Passati i due mesi, torneranno a vivere sotto lo stesso tetto, a fare uno il caffè per l’altra la mattina, a decidere chi va a fare la spesa, a giocare con i bambini; riprenderanno a manifestare nelle piccole cose di ogni giorno il loro amore di sposi e tutto avrà un sapore nuovo, rinnovato, più intenso.
Fuor di metafora, i giorni che stiamo vivendo ci stanno chiedendo una repentina revisione della forma, dell’espressione della nostra fede, e una bella verifica del contenuto. Il non poterci ritrovare come comunità per celebrare insieme la liturgia ci pone molti interrogativi e, almeno personalmente, mette in rilievo come abbiamo “ristretto” ogni nostro modo di preghiera alla sola “messa”. Un po’ come se il sacramento del Matrimonio di Gino e Dina vacillasse perché Gino non può più dare il consueto bacio appena sveglio a Dina. Per quello che riguarda poi la disaffezione, l’irrilevanza, il rischio di dimenticare uscendo dall’abitudine, credo sia proprio una benedizione: quando esci di casa controlli se hai dimenticato le chiavi, il telefono; ma non controlli mai il cuore o i polmoni. Non dimentichi ciò che è dentro di te! Abbiamo la certezza rassicurante che Gino non dimenticherà Dina, così come chi crede non dimenticherà il Signore. A tal proposito A. Schmemann dice: «Molto spesso diciamo di andare in chiesa per ricevere aiuto, grazie, consolazione, e dimentichiamo di essere noi la chiesa, che Cristo dimora nelle sue membra e che la chiesa non è al di fuori né al di sopra di noi: noi siamo in Cristo e Cristo è in noi[1]».
don Vincenzo Cretella
[1] A. Schmemann, L’Eucaristia sacramento del Regno, Ed. Qiqajon, Magnano (BI) 2005, p. 25-26.
18 marzo 2020