Vita aliena, ma non come pensiamo. Nuove prospettive per ricercare segni di vita biologica su Marte
Sale e serpentino suggeriscono che anche in un pianeta arido come Marte potrebbero esistere microambienti adatti a sostenere forme di vita
Quando si parla di vita extraterrestre, l’assunto principale è: “Dove c’è acqua, c’è vita”. Questo dogma guida da decenni la ricerca su Marte, il nostro pianeta più vicino e promettente per trovare tracce di organismi alieni. Robot come Perseverance esplorano luoghi dove si ritiene che un tempo scorressero fiumi o esistessero mari, sperando di individuare indizi biologici. Tuttavia, nuovi studi (pubblicati su “Nature Astronomy”) suggeriscono che questa visione potrebbe essere limitante. Secondo alcuni ricercatori, infatti, cercare sale o minerali – come il serpentino – potrebbe aprire nuove strade per scoprire la vita marziana.
Dirk Schulze-Makuch, astrobiologo della Technische Universität Berlin, propone un’ipotesi che potrebbe rivoluzionare l’attuale approccio: il sale, grazie alle sue proprietà igroscopiche, potrebbe rappresentare un ambiente ideale per ospitare microrganismi. L’idea nasce dallo studio del deserto di Atacama, in Cile, uno degli ambienti più aridi della Terra e tra i più simili a Marte. Qui, Schulze-Makuch e colleghi hanno scoperto, nel 2018, che alcuni microbi riescono a sopravvivere all’interno di croste saline, un habitat all’apparenza del tutto inospitale.
Il cloruro di sodio, il comune sale da cucina, assorbe molecole d’acqua dall’atmosfera, creando una sottile pellicola di salamoia sulla superficie dei cristalli. Questo microambiente consente la vita a batteri estremofili, anche in condizioni di aridità estrema. Su Marte, pur in assenza di specchi d’acqua liquida, l’umidità atmosferica potrebbe permettere la formazione di simili ambienti. Regioni marziane come Margaritifer Terra, ricche di cloruro di sodio derivato dall’evaporazione di antichi oceani, potrebbero dunque essere luoghi privilegiati per cercare tracce di vita.
Schulze-Makuch ipotizza che organismi marziani possano nutrirsi attraverso fotosintesi o percorsi chemiosintetici come la “metanogenesi”, un processo che spiegherebbe anche le tracce di metano rilevate nell’atmosfera del pianeta.
Le croste saline gettano una nuova luce sui controversi risultati delle sonde Viking, che nel 1976 condussero esperimenti biologici su Marte. Uno di questi prevedeva l’aggiunta di un brodo di nutrienti marcati con carbonio-14 a campioni di suolo marziano. L’esperimento registrò un’immediata emissione di gas contenenti l’isotopo, segno di una possibile attività metabolica. Tuttavia, il rilascio di gas diminuì rapidamente, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe da microrganismi in crescita.
Un secondo test, volto a verificare l’incorporazione di gas marcati in composti organici complessi, diede risultati altrettanto ambigui: l’attività osservata non era statisticamente significativa e si annullava in condizioni di umidità, un dato difficile da spiegare.
La comunità scientifica attribuì queste anomalie a reazioni chimiche inorganiche, ma Schulze-Makuch suggerisce una spiegazione alternativa. Se microbi estremamente adattati alla carenza d’acqua fossero stati improvvisamente esposti al brodo nutritivo, avrebbero potuto subire uno shock osmotico e morire. Questo fenomeno è stato osservato anche nel deserto di Atacama, dove piogge insolitamente frequenti tra il 2015 e il 2017 hanno devastato la flora microbica locale. Inoltre, i gascromatografi delle Viking potrebbero non essere stati abbastanza sensibili per rilevare le minuscole quantità di composti organici presenti nel suolo marziano, come emerso in missioni successive.
Un’altra promettente strategia viene da Jianxun Shen e colleghi dell’Accademia delle Scienze di Pechino, che puntano i riflettori sul serpentino, un minerale che si forma in presenza di acqua liquida. Le reazioni chimiche che lo generano rilasciano nutrienti essenziali per la vita, come idrogeno, metano, ammoniaca, fosfati e composti organici semplici.
Il serpentino, presente anche su Marte, potrebbe rappresentare un “crogiolo chimico” dove la vita potrebbe essersi originata o dove potrebbero esistere microecosistemi nascosti. Inoltre, questo minerale ha la capacità di preservare composti organici e altre biofirme per lunghi periodi, rendendolo un bersaglio ideale per la ricerca di vita passata e presente.
Questi studi evidenziano come il paradigma “acqua = vita” sia insufficiente per comprendere le possibilità di vita extraterrestre. Sale e serpentino suggeriscono che anche in un pianeta arido come Marte potrebbero esistere microambienti adatti a sostenere forme di vita, anche se estremamente adattate.
Le prossime missioni, come Mars Sample Return e nuovi rover, potrebbero concentrarsi su queste tracce per risolvere il mistero. Se le ipotesi saranno confermate, il sogno di trovare vita su Marte potrebbe non essere poi così lontano.