Vaia nel Bellunese. Che cosa (non) abbiamo imparato dal disastro
«La natura arriverà prima della politica, con tempi più rapidi della nostra burocrazia!». Lo afferma Marco De Candido, un uomo vissuto tra le montagne del Cadore, nato tra quelle foreste un tempo definite “il paradiso della Val Visdende”, prima che due anni fa Vaia ne sfregiasse il nome, la dignità e la bellezza. Marco è un montanaro prestato all’industria dell’occhialeria, che però è rimasto boscaiolo nel cuore, dopo aver lavorato per un decennio tra questi boschi. Oggi il suo “nido d’aquila” di tronchi di larice che fu casa per i propri avi, funge da rifugio domenicale e domina la valle: «Qui non abbiamo giardino, perché fino a due anni fa la baita era un tutt’uno con la foresta – spiega Marco - mentre oggi è circondata da un cimitero con le ceppaie al posto delle lapidi».