"Troppi bambini fuori famiglia": la risposta della Rete delle MammeMatte a Claudia Gerini
Qualche giorno fa l'attrice aveva dichiarato l’impossibilità di accedere all’adozione o all’affido perché single. L'associazione richiama l'attenzione a non fare confusione tra i due termini. Ma il problema è reale: in Italia non è facile accogliere un bambino in una famiglia monoparentale. Ed esortano: “Claudia non mollare”
Qualche giorno fa in un’intervista al settimanale “F”, subito rimbalzata sul web e sui social, Claudia Gerini ha affermato di desiderare un figlio in affido e di averne già parlato con le sue figlie che si sarebbero dette d’accordo, aggiungendo subito dopo che purtroppo, però, essendo lei single, non le è consentito chiedere un’adozione. “È incredibilmente assurdo – ha commentato – che in un Paese civile una donna che vuole dare amore a un bambino, che ha la disponibilità economica e spazio in casa, non possa farlo. Perché un bambino deve stare in un orfanotrofio anziché con una mamma che gli vuole bene? Vorrei tanto che si aprisse un caso: magari, se la battaglia la fa un’attrice, ha più eco”. “Noi MammeMatte – si legge in una nota firmata da Karin Falconi, vice presidente dell’associazione M’aMa-Dalla Parte dei Bambini - abbiamo letto questa dichiarazione con molta attenzione e ci auguriamo che tutti i giorni personaggi pubblici suscitino lo stesso clamore urlando il diritto di ogni bambino (specie se con disabilità, ma questo lo aggiungiamo noi) a crescere in famiglia (se non proprio la sua, anche una affidataria o adottiva). Tuttavia le parole delle Gerini rischiano di fare più male che bene, nel momento in cui vanno a rinforzare la consueta confusione tra affido e adozione”.
“Intanto ‘adozione legittimante’ significa: acquisizione di parentela con la famiglia adottiva e interruzione di ogni legame giuridico con la famiglia di origine; mentre ‘affidamento etero o intra familiare’ significa: sostegno a un minore per tutto il tempo necessario affinché la sua famiglia di origine risolva i propri (gravi) problemi, famiglia con la quale il minore continua a mantenere il legame e la frequentazione. Naturalmente i percorsi per diventare genitori affidatari o adottivi sono completamente differenti: informiamoci presso i nostri Servizi sociali di riferimento! Ad onor del vero, però, e a parziale discolpa di quanti continuano a usare tali termini come sinonimi, la confusione può essere generata da un tipo di affido che sta prendendo molto piede negli ultimi anni: l’affido a lungo termine più conosciuto come sine die”.
“In Italia oggi moltissimi affidi eterofamiliari risultano essere sine die, cioè hanno un inizio ma non finiscono mai, arrivando fino al compimento della maggiore età del minore. Troppo spesso, quindi, le famiglie che accolgono confondono questo particolare tipo di affido con l’adozione, sottovalutandone la complessità intrinseca. Per noi MammeMatte la reale differenza tra affido (sine die) e adozione non è quindi nella temporaneità dell’esperienza, quanto nella molteplicità di attori con cui la famiglia che accoglie si ritrova a interagire (Tribunale, famiglia di origine, servizi sociali, tutore). A dirla tutta, poi, c’è da aggiungere che l’affido sine die non è normato, cioè non esiste dal punto di vista giuridico: è una trovata ingegnosa degli addetti ai lavori che applicano l’istituto dell’affido, di per sé temporaneo, a qualcosa che invece dura per sempre lasciando ai minori (almeno secondo il nostro modesto parere) per anni e anni un senso di dolorosa ‘non appartenenza’”.
“Anni e anni (non mesi, non giorni) che i bambini trascorrono nelle famiglie affidatarie o in case famiglia, da non confondere con gli ‘orfanotrofi’ impropriamente menzionati da Claudia Gerini che, per fortuna, in Italia non esistono più dal 2006. Purtroppo, però, anche senza gli orfanotrofi il problema c’è e come: oggi in Italia sono circa 30 mila i minori che crescono fuori dalla propria famiglia di origine, metà di questi sono in comunità educative, i restanti in famiglie affidatarie. Quello che noi MammeMatte ripetiamo da sempre è che la metà di 30 mila è tanto: sono tanti, troppi i minori che vivono in case famiglia o comunità educative. Molti di loro ci vivono da anni e ci festeggiano anche il 18esimo compleanno. Non tutti, però, sono dichiarati adottabili e non per tutti è previsto un progetto di affido: rimangono fuori dalla propria famiglia di origine, incastrati in una attesa perenne”.
“È vero anche che 15 mila minori accolti in famiglia non sono pochi, ma tra queste famiglie affidatarie sono ancora troppo poche quelle monogenitoriali (e quelle omosessuali) e non perché non siano opportunamente formate dagli enti competenti territoriali, o perché siano spaventate da una eventuale disabilità del minore, o ancora perché non compiano la scelta con la dovuta consapevolezza. Ha ragione, quindi, Claudia Gerini quando dice che, da single, non può adottare: perché in Italia l’adozione ai single è preclusa, se non nei casi particolari normati dall’art. 44 della legge 184 che, appunto, sono tanto ‘particolari’ da risultare rarissimi. E ha ragione anche quando dichiara di avere difficoltà ad accogliere un bambino in affido, come single: sempre per la legge 184/1983 (e successive modifiche) le persone singole possono diventare famiglia affidataria, ma in realtà, non è cosi. Perché molti, quasi tutti i Tribunali del territorio nazionale, prediligono la famiglia ‘tradizionale’ a quella monogenitoriale e a quella omosessuale.
“Se esistesse in Italia un database delle famiglie affidatarie (fosse anche un semplice file excel condiviso!) o un prospetto nazionale degli esiti dei singoli affidi e della tipologia di famiglia accogliente più usata dai Tribunali, noi MammeMatte siamo certe che mancherebbero due voci all’appello: quella della famiglia omogenitoriale e quello della famiglia monogenitoriale. Detto questo auguriamo alla nostra attrice perseveranza e determinazione (oltre che consapevolezza e formazione) perché solo così, da single, potrà accogliere (in affido)”.
Antonella Patete