Stefano Maullu, eurodeputato del Ppe: «Un continente, Paesi diversi, obiettivi comuni»

Stefano Maullu, europarlamentare del Partitolo popolare europeo, crede che l'Europa, per riguadagnare credibilità, debba valorizzare le singole specificità dei Paesi membri. «Nel contesto globale l'Unione è fondamentale, ma non saremo mai gli Stati Uniti d'Europa».

Stefano Maullu, eurodeputato del Ppe: «Un continente, Paesi diversi, obiettivi comuni»

«Gli establishment che hanno governato l'Europa fino a ora sono chiamati a una profonda riflessione, perché è abbastanza chiaro che questa struttura non è completa, non ha saputo rispondere a sfide importanti del nostro tempo e ha subito un cortocircuito soprattutto con la crisi economica. E poi è un problema di rappresentanza: quando un paese rivuole sovranità, il motivo risiede nel fallimento della sovrastruttura europea».

Stefano Maullu, eurodeputato del gruppo Ppe che ha da poco lasciato Forza Italia per aderire a Fratelli d'Italia, vede le prossime elezioni europee come un “referendum” con una domanda precisa sul grado di soddisfazione dei cittadini davanti a questo modello d’Europa. In assenza di credibilità, per principio di inversa proporzionalità, l’euroscetticismo sale e si gonfia, corroborato, secondo Maullu, da alcune decisioni ostacolanti o da trattamenti iniqui:

«L'Italia è la settima potenza industriale al mondo, rappresenta il secondo polo manifatturiero in Europa. Ecco la visione che deve cambiare nel contesto europeo: ogni paese ha proprie specificità e al primo posto l'Europa deve mettere lo sviluppo dei paesi membri e i bisogni dei cittadini europei. Sicuramente se qualcuno vuole inquadrare l'Italia come è stato per la Grecia, si sbaglia di grosso nel non tenere conto di fenomeni devastanti come l'immigrazione dal Nord Africa sui quali l'Italia e gli Italiani si sono sentiti soli, abbandonati da un'Europa che ha dato sei miliardi di euro a Erdogan per fermare la rotta balcanica ma nulla ha fatto per il quadrante Mediterraneo».

Manfred Weber sarà il candidato presidente del Ppe. Non lo convince?

«Per quel che mi riguarda, è troppo legato ad Angela Merkel per poter rappresentare il Partito popolare europeo in una fase così delicata, in una congiuntura in cui l’esigenza di un cambiamento sembra crescere di giorno in giorno. La trasformazione dell’Europa non potrà partire da figure come Weber, ma da uomini nuovi che sappiano prendersi carico delle istanze avanzate dai singoli Stati membri. La ventata di rinnovamento, per essere davvero efficace, dovrà avvalersi di strumenti innovativi, di uomini nuovi. E Manfred Weber, con ogni evidenza, non è uno di questi».

Se parliamo di cambiamenti, senza dubbio queste elezioni segneranno una nuova era perché saranno le prime senza Regno Unito. Come possono variare gli interessi economici e la percezione d’unione degli stati membri?

«Gli effetti della Brexit potrebbero ripercuotersi sull’intero bilancio comunitario, perché senza il Regno Unito l’Europa avrà un contribuente in meno. La mia speranza è che la Brexit non costringa l’Ue ad effettuare dei tagli in settori assolutamente strategici, come quello dei trasporti o dell’agricoltura, che avrebbero invece bisogno di tutto il sostegno possibile. Ciò detto, credo che la Brexit rappresenti anche una preziosa opportunità per tutti coloro che credono nella necessità di rinnovare l’Europa, nel bisogno di cambiarla radicalmente, partendo dalle fondamenta».

A proposito di agricoltura, la Politica agricola comune potrebbe subire dei tagli alle risorse stando alla bozza del bilancio pluriennale 2021-2027. Per noi potrebbero esserci degli svantaggi?

«Credo che una gran parte dei finanziamenti debba essere riservata alla questione epocale dell’immigrazione, in particolar modo per la difesa delle frontiere e per il massiccio programma di investimenti destinato all’Africa. L’Ue deve stanziare una cifra consistente anche per l’area del Mediterraneo, non solo per la Turchia, e dovrà evitare nella maniera più assoluta di danneggiare ulteriormente la Pac penalizzando direttamente i nostri agricoltori. Un aspetto positivo è invece quello legato al nuovo Fse+, il fondo europeo di sviluppo, che a partire dalla prossima programmazione comprenderà anche 433 milioni di euro per il settore della sanità, utilizzabili per l’assistenza medica e per ridurre le disuguaglianze sanitarie. L’Europa deve ripartire proprio da qui, da strumenti realmente utili alla cittadinanza».

Ha detto che le prossime elezioni metteranno i cittadini davanti al proprio senso di Europa. E per lei cosa rappresenta l’Unione europea?

«È un sogno che deve tornare a dare speranza ai cittadini europei, ma questo non succede automaticamente, deve esserci la volontà politica di costruirlo. Distruggere serve a ben poco, perché oggi la competizione globale si gioca su macroaree economiche e senza un contesto europeo competitivo sarà impossibile fronteggiare il blocco asiatico o quello statunitense. Ma come per tutte le cose, le unioni fredde hanno radici deboli: non saremo mai gli Stati Uniti d'Europa, ma possiamo costruire un'Europa che sia il contesto ideale di sviluppo per Paesi con identità differenti ma obiettivi comuni. A patto che le regole del gioco non penalizzino qualcuno in nome dell'egoismo di qualcun altro. Personalmente ho sempre lavorato e continuerò a farlo per difendere gli interessi del mio Paese, l'Italia».

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