Quando la preghiera ha il sapore di famiglia

Oggi più che mai i tempi convulsi del quotidiano, i difficili turni di lavoro che spesso separano, invece di unire, chiedono una capacità e quasi una testardaggine nell’abbandonarsi al respiro di Dio. Perché è certo che in mezzo a tanta frenesia la preghiera è ossigeno, ma bisogna saperla custodire. Inoltre ci sono tempi in cui la famiglia fa i conti con passaggi fisiologici che rimodulano inevitabilmente anche i momenti di preghiera

Quando la preghiera ha il sapore di famiglia

La famiglia è una realtà dinamica, complessa e bellissima e tutto ciò che si vive in essa risente di questa sua dinamicità. Tutto, compresa la dimensione della preghiera. A pregare si impara prima personalmente e poi in coppia, fino a quando la preghiera diventa familiare. È una confidenza con il Signore che cresce facendone esperienza ed essenziale per cementare i legami, fonte di intima connessione con il Padre e momento di condivisione tra familiari. Pregare in famiglia è frutto di assoluta creatività oltre che di un grande desiderio di Dio. Bisogna conciliare tempi e spazi personali e stagioni di vita assolutamente diverse. Oggi più che mai i tempi convulsi del quotidiano, i difficili turni di lavoro che spesso separano, invece di unire, chiedono una capacità e quasi una testardaggine nell’abbandonarsi al respiro di Dio. Perché è certo che in mezzo a tanta frenesia la preghiera è ossigeno, ma bisogna saperla custodire. Inoltre ci sono tempi in cui la famiglia fa i conti con passaggi fisiologici che rimodulano inevitabilmente anche i momenti di preghiera.

È diverso il pregare in coppia o il pregare con bambini piccoli; ancora diversa è la preghiera con i figli adolescenti. Come riuscire dunque in questa custodia? Predisponendo dei riti e degli appuntamenti condivisi, ma anche facendo della vita stessa una vera e propria liturgia familiare.

Ogni anniversario legato a momenti importanti del proprio amore, può diventare preghiera e contemplazione di ciò che Dio ha fatto con la nostra storia di sposi e genitori. San Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio diceva: “Dio che ha chiamato gli sposi al matrimonio, continua a chiamarli nel matrimonio. Dentro e attraverso i fatti, i problemi, le difficoltà, gli avvenimenti dell’assistenza di tutti i giorni, Dio viene ad essi rivelando e proponendo le esigenze concrete della loro partecipazione all’amore di Cristo per la Chiesa” (51). Così nei momenti forti, nelle feste ma anche nei lutti, i gesti e le parole possono diventare spazio e memoria della presenza del Padre nella vita e nei legami che si sono costruiti. C’è poi una preghiera di consegna del quotidiano quella che, poco formale e strutturata, accompagna l’orologio che scorre. È la preghiera snocciolata per strada, in macchina, in attesa dell’appuntamento con le incombenze di ogni giorno; ma è anche quella condivisa ai pasti e nelle serate più o meno tempestose, prima di addormentarsi o quando già la stanchezza ha preso il sopravvento. Ed è bello pensare che Gesù accolga e custodisca anche quel sonno che ci coglie mentre riconsegniamo tutto a Lui.

C’è poi la preghiera dei figli: quella dei piccoli, testarda e sognante del sogno di Dio che ci ricorda spesso l’essenziale della fede con le loro brevi, ma intense invocazioni. E quindi la preghiera silenziosa che sta di fronte alle ribellioni degli adolescenti. La domanda, il dubbio sbattuto in faccia agli adulti diventa ascolto e confronto in cui vive il Signore.

È la preghiera nel cuore dei genitori che sa che quei figli stanno cercando Chi li ha pensati da sempre e si farà trovare.

Infine la preghiera del tempo che torna ad essere più lento. È la stagione della maturità e poi della vecchiaia, i giorni in cui troviamo il Signore in riti più tranquilli e ancora una volta capaci di e consegnare quanto avvenuto e avverrà. Tutto nella certezza che come dice Papa Francesco: “La vita di coppia è una partecipazione alla feconda opera di Dio, e ciascuno è per l’altro una permanente provocazione dello Spirito. L’amore di Dio si esprime ‘attraverso le parole vive e concrete con cui l’uomo e la donna si dicono il loro amore coniugale’. Così i due sono tra loro riflessi dell’amore divino che conforta con la parola, lo sguardo, l’aiuto, la carezza, l’abbraccio. Pertanto, voler formare una famiglia è avere il coraggio di far parte del sogno di Dio, il coraggio di sognare con Lui, il coraggio di costruire con Lui, il coraggio di giocarci con Lui questa storia, di costruire un mondo dove nessuno si senta solo” (AL 321).

Barbara Baffetti e Stefano Rossi

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Fonte: Sir