Pensione, corsa a ostacoli. Le regole per il sistema pensionistico 2025
Si sta alzando poco a poco l’età pensionabile e restringendo gli assegni pensionistici
Questo governo ha capito come si fa: si dichiara urbi et orbi una cosa, poi in silenzio si fa il contrario. E giustamente. Tra l’altro noi italiani odiamo le “riforme” che cambiano le carte in tavola.
E così sta succedendo da un paio d’anni in tema previdenziale: nonostante i proclami, si continua a tagliuzzare le prestazioni con l’aggiunta di una righetta o il cambio di qualche numerino, che entrano in vigore quasi inavvertiti, ma che stanno di volta in volta alzando poco a poco l’età pensionabile e restringendo gli assegni pensionistici.
Per il 2025 le regole sono queste. Anzitutto la cosiddetta pensione anticipata, che si potrà ottenere a prescindere dall’età con 42 anni e 10 mesi di contributi versati (per gli uomini), e un anno contributivo in meno per le donne. Subito? No: dopo almeno tre mesi di “finestra” per i dipendenti privati; quattro per quelli pubblici.
C’è poi una piccola agevolazione per chi abbia almeno uno di questi requisiti: essere addetto a mansioni usuranti (esiste un elenco in proposito); assistere familiari aventi gravi disabilità da almeno sei mesi; fruire integralmente dell’indennità di disoccupazione; avere un’invalidità civile superiore o uguale al 74%. In questi casi è previsto l’accesso alla pensione anticipata con 41 anni di contributi e almeno un anno di lavoro prima dei 19 anni di età. È evidente che l’insieme di tutti questi paletti ridurrà notevolmente la platea dei beneficiati, per un vantaggio misurabile in un paio d’anni di anticipo pensionistico.
Quindi la cosiddetta pensione di vecchiaia: bisognerà avere almeno 20 anni di contributi versati. La pensione decorrerà al compimento del 67esimo anno d’età.
Altra eccezione: chi non ha contributi versati prima del 1° gennaio 1996 può accedere alla pensione anticipata di vecchiaia con 64 anni di età, 20 di contributi e comunque il raggiungimento di un importo pensionistico che deve essere superiore a tre volte l’assegno sociale (2,8 volte per le donne con un figlio, 2,6 volte per quelle con più figli). E ancora, la pensione di vecchiaia contributiva a 71 anni con almeno 5 di contributi, senza alcuna soglia.
Infine, l’ultima pensione di vecchiaia riguarda gli invalidi. Per chi ha un’invalidità pensionabile di almeno l’80%, è lavoratore del settore privato ed ha versato 20 anni di contributi almeno, esiste la pensione di vecchiaia anticipata per la quale l’età di accesso è ridotta a 56 anni per le donne; 61 anni per gli uomini. Per quest’ultima pensione è prevista una finestra di 12 mesi dal raggiungimento dei requisiti per la decorrenza della pensione.
Esistono, per concludere, altre tre misure (Ape sociale, Opzione donna, Quota 103) che tralasciamo per il semplice fatto che sono state utilizzate in passato da un numero assai esiguo di lavoratori, in quanto assai penalizzanti nel calcolo dell’assegno pensionistico: qui sta il segreto di mantenere tante “finestre”, rendendo poi quasi impossibile la loro apertura. Si era pensato di eliminarle, ma appunto non sono un gran problema per i conti dell’Inps, e comunque possono essere ritenute interessanti per qualche migliaio di italiani.
Questo per quanto riguarda i lavoratori del settore privato e pubblico, tenendo conto poi che si affiancano a queste norme una serie di regimi speciali che riguardano certe professioni (vedi i medici, i professori universitari, ecc.), le forze armate e quant’altro contribuisce a rendere il sistema previdenziale italiano simile a una maculata pelle di giaguaro.