Ragazzi fragili. A pesare sulle giovani generazioni è anche il senso di solitudine che provano sulla propria pelle

I medici spiegano che i pensieri e i desideri di morte caratterizzano l’adolescenza a causa della percezione parossistica che i giovani spesso hanno del dolore

Ragazzi fragili. A pesare sulle giovani generazioni è anche il senso di solitudine che provano sulla propria pelle

Ogni giorno un adolescente tenta il suicidio. Il dato, diffuso già lo scorso anno  dall’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, pare confermato più o meno nella stessa misura anche nel 2024. A essere particolarmente critica è la soglia dei 15 anni e sono le ragazze ad apparire più esposte a questo fenomeno.

Continuano a essere numerosissimi anche gli adolescenti dediti ad atti di autolesionismo, una pratica che si declina in modi diversi, ad esempio con il cutting (procurarsi tagli sul corpo), o infliggendosi morsi, bruciature e piccole escoriazioni sulla pelle, nonché strappandosi ciocche di capelli.

Di solito l’autolesionismo si manifesta per la prima volta in età compresa tra i 12 e i  15 anni e può essere associato anche a disturbi della condotta o psichiatrici, come alterazioni dell’umore e della personalità, anomalie del comportamento alimentare, uso di sostanze.

Queste manifestazioni autodistruttive avvengono, però, sovente anche per istigazione. Non è raro, infatti, che le pratiche di autolesionismo siano condivise in alcuni gruppi, a volte come prove di coraggio, o semplicemente come atti che suggellano appartenenza.

I medici spiegano che i pensieri e i desideri di morte caratterizzano l’adolescenza a causa della percezione parossistica che i giovani spesso hanno del dolore. A molti di essi mancano gli strumenti per affrontare questo passaggio inevitabile e naturale della vita, cioè la sofferenza; non trovano supporto tra i loro coetanei e neppure, ahimè, nel mondo degli adulti.

La nostra è una società negazionista rispetto al dolore, tende a emarginarlo o a connotarlo patologicamente, non si insegna ai giovani a vivere la sofferenza come occasione di crescita e maturazione, soprattutto manca la propensione alla condivisione. Tendenzialmente chi soffre teme di essere etichettato come “sfigato” o “pesante”, quindi dissimula ciò che prova, oppure antiteticamente enfatizza gli aspetti più torbidi del proprio malessere. Tra l’altro gli adolescenti a rischio suicidio presentano una forte ambivalenza nella manifestazione dei propri sentimenti riguardo la vita e la morte, generando confusione e mancanza di comprensione in chi sta loro accanto.

Il suicidio, quindi, può diventare una via di uscita dalla morsa di uno stato emotivo alterato e apparentemente ingestibile. I maggiori fattori di rischio sono a volte anche genetici, o un forte svantaggio culturale e sociale, problemi familiari, abusi, depressione e dipendenze di vario tipo. A pesare sulle giovani generazioni è anche il senso di solitudine che provano sulla propria pelle per motivazioni riconducibili soprattutto a una repentina trasformazione del tessuto sociale, delle relazioni e alla consistente tecnologizzazione dei diversi ambiti dell’esistenza umana. Sono queste peculiarità ad aver reso negli ultimi decenni il suicidio più un evento “sociale” che “privato”. Le circostanze che inducono a darsi la morte in età giovanile non si collocano soltanto nell’ambito delle esperienze individuali, ma sono spesso una risposta di fragilità allo spirito dei tempi.

Quando si mettono in connessione suicidio, autolesionismo e solitudine è importante distinguere quest’ultima da loneliness e isolamento sociale. Negli ultimi due casi il sentimento dell’esser solo si accompagna a una mancanza di prospettive, alla chiusura in sé stessi e all’incapacità di dare significato alle cose. Nell’isolamento sociale si giunge a una completa assenza di interazioni reali con gli altri e a un vero e proprio ritiro all’interno delle mura domestiche.

Il substrato comune di queste condizioni è la dilagante sensazione di noia esistenziale che colpisce molti fra i nostri giovani. Un sentimento “paradossale” in un mondo che viaggia a velocità supersonica e sovraespone ciascuno di noi a miliardi di stimoli differenti. Eppure le seduzioni del digitale, le immagini patinate, i passatempi reali e virtuali, non riescono a stanare quel senso di inconsolabile vuoto che molti provano senza riuscire a trovare un antidoto.

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Fonte: Sir