Previdenza integrativa. C’è ormai bisogno di integrare la propria situazione previdenziale con altri versamenti
In futuro saranno pochi i lavoratori che avranno una pensione che si avvicini al 70% degli ultimi redditi percepiti
Si chiama integrativa adesso con molta più motivazione che un tempo, in quanto la previdenza “normale” difficilmente ci garantirà pensioni adeguate ad un accettabile tenore di vita. Nell’epoca dei lavori cambiati frequentemente, delle carriere discontinue, dell’assegno calcolato solo sui contributi versati, saranno pochi i lavoratori che avranno – nel migliore dei casi – una pensione che si avvicini al 70% degli ultimi redditi percepiti.
Quindi c’è bisogno di integrare la propria situazione previdenziale con altri versamenti, che possano maturare nel tempo appunto quell’accettabile integrazione all’assegno dell’Inps o della propria cassa mutua. E questo è il momento giusto, perché ogni versamento fatto entro l’anno determina una deduzione dell’importo dal reddito dichiarato in sede di dichiarazione fiscale: nel caso di lavoratori con guadagni medio-alti, si può arrivare a superare il 40%. Quindi il vero esborso alla fine è di poco più della metà, fino ad un massimo di 5.164 euro versati.
Ci sono fondi aperti e chiusi ad accogliere questi vostri soldi. Quelli chiusi sono di categoria (medici, giornalisti, chimici, ecc…); quelli aperti appunto non pongono veti all’ingresso di chi verserà certe somme che verranno poi reinvestite nel corso degli anni. La scelta potrà essere dall’estremamente prudente (titoli di Stato italiani) all’estremamente audace (mercati azionari di Paesi esotici). Spesso si può pure cambiare nel tempo, sapendo che nel lungo periodo di solito è meglio investire nei cicli azionari: ma non è Vangelo e ognuno si dovrà orientare a seconda di inclinazioni e situazioni personali.
È quindi praticamente impossibile capire quale sarà l’integrazione previdenziale al momento della pensione e comunque della soglia d’età in cui la previdenza accantonata potrà essere liquidata oppure pagata in rate mensili: dipenderà dai versamenti, da quanti anni lo si farà, dagli investimenti scelti, dai prelievi eseguiti nel corso della vita (si possono chiedere restituzioni per determinate situazioni quali l’acquisto di casa o la malattia). Pure la tassazione al momento della liquidazione è (per ora) agevolata, appunto per stimolare l’altra gamba previdenziale.
Certo è che il vantaggio è già inizialmente enorme: può arrivare al 43% scontato dalle tasse. Sfruttando tutto il bonus (i 5.164 euro di cui sopra) per molti anni, l’integrazione sarà consistente. Sempreché questa agevolazione rimanga, visto che ogni anno in sede di legge di bilancio rischia di venire meno. Ma l’esigenza di rimpolpare le pensioni future è così importante che difficilmente verrà cancellata.
Esistono infine i Pip, piani individuali previdenziali ritagliati su misura, ma con il “difetto” di costi di gestione assai importanti, tali da tarpare le ali a uno strumento comunque interessante. Per evitare che l’età della pensione non si trasformi nella discesa nella povertà.