Tornare al nucleare? La nostra fame di elettricità aumenterà nei prossimi anni in maniera smisurata
Si parla di mini-centrali da collocare soprattutto nei tanti distretti industriali: ma gli esperti ci dicono che ce ne vorrebbero più di cento in Italia
Sull’onda del disastro di Chernobyl, nel 1987 buttammo fuori dalla finestra le quattro centrali nucleari attive in Italia (Caorso, Trino Vercellese, Latina e Garigliano, quest’ultima già spenta qualche anno prima). E lì si chiuse l’esperienza dell’energia elettrica prodotta dall’atomo di uranio nel territorio italiano, laddove rimanevano ben attive le tante centrali nucleari francesi ed altre che si aggiunsero attorno all’Italia.
Una scelta emotiva che ha avuto il suo costo. Stabilmente in Italia si paga il Kwh di elettricità circa il 50% in più che nel resto d’Europa, quasi il doppio che nella vicina Spagna. Stabilmente importiamo elettricità (soprattutto quella limitrofa francese, prodotta in enorme quantità dall’atomo) e dipendiamo dalle forniture estere.
Si aggiunga poi la scelta – condivisa e importante – di abbandonare l’elettricità prodotta da metano e carbone, per soppiantarla con quella generata da impianti “puliti”: acqua, sole, vento. Con due ordini di nodi che stanno inevitabilmente venendo al pettine.
La nostra fame di elettricità aumenterà nei prossimi anni in maniera smisurata. Non solo vogliamo sostituire un parco auto di oltre 20 milioni di vetture con altrettante mosse dall’elettricità (e con esse trasporto pubblico, navi, camion, finanche aerei), ma le nostre case dovranno pure essere scaldate con l’elettricità. Auguri.
La seconda questione: per quanto si dissemini il territorio di pannelli fotovoltaici (ma non si vuole ricoprire i terreni con questi ultimi) e di pale eoliche (tra l’altro orrende, in un’Italia assai scarsa di ventosità costante), sussiste pure un niet deciso per ogni nuova diga idroelettrica. Sono state fatte nel Novecento, producono 24 ore su 24, ma devastano il territorio (lasciando stare la pericolosità a valle). E nessun territorio le vuole: il progetto di realizzare un invaso tra Trentino e Veneto sta creando turbolenze infinite.
Quindi abbiamo posato enormi elettrodotti che ci alimentano da Slovenia e Balcani e dipendiamo sempre più dalle forniture estere già ora. Da lì l’ondata culturale che sta rimettendo al centro della discussione l’idea di realizzare nuove centrali nucleari. Avremmo tantissima elettricità in ogni ora del giorno a prezzi quasi nulli, ne godrebbero sia le famiglie (la cui bolletta respirerebbe), sia soprattutto quelle industrie energivore – chimica, piastrelle, siderurgia… – che stanno scappando dall’Italia.
Tutto bene, dunque? No. Al di là dei pregiudizi, cosa si dovrebbe fare? Si parla di mini-centrali da collocare soprattutto nei tanti distretti industriali: ma gli esperti ci dicono che ce ne vorrebbero più di cento in Italia. Appunto, in Italia. Se ne realizziamo due nei prossimi dieci anni, è veramente grasso che cola.
Allora una o due grandi centrali moderne di ultima generazione, la cui sicurezza è quasi totale? Bella idea, ma chi se le prende? Dai, non scherziamo.
Quindi lanciamo un’idea “all’italiana”: costruiamole in Albania, a due passi da noi, con adeguati cavi sottomarini di trasporto. Non sono qui e gli albanesi avrebbero la bolletta elettrica gratuita per i prossimi decenni. Dove? Lo spazio si trova, se l’abbiamo trovato pure per un “centro accoglienza migranti”.