Mala tempora…Con l'elezione di Trump alla Casa Bianca tornano i dazi
Siamo tutti concorrenti in un mercato globale, dove però gli Stati Uniti hanno il coltello dalla parte del manico
È andata male: l’elezione di Donald Trump alla presidenza Usa per noi italiani (per noi europei) sarà a livello economico una sciagura. E lo sappiamo già ora, perché è la sua seconda volta alla Casa Bianca: rifarà quel che ha già fatto, se possibile con maggiore intensità.
Perché è una sciagura? Lo è guardando il motto che lo accompagna da quasi un decennio: America first, prima gli interessi a stelle e strisce e dopo quelli degli altri. Siamo tutti concorrenti in un mercato globale, dove però gli Stati Uniti hanno il coltello dalla parte del manico. Hanno la moneta più forte e globalizzata, l’esercito più potente per supportarla, un mercato interno enorme, fatto da consumatori che celebrano le feste andando al centro commerciale. Hanno subìto le conseguenze della globalizzazione (tante importazioni, fabbriche chiuse o delocalizzate), tanto che sono proprio gli elettori di Trump a pretendere un deciso cambio di rotta.
Come? A suon di dazi e ostacoli agli “stranieri”, che in questo caso non sono gli immigrati, ma i prodotti cinesi, africani, europei, italiani. Un’imposta sull’importazione del vino tricolore per Washington è solo una riga di una legge, per noi è la cancellazione di milioni di bottiglie esportate: tanto per dire. E Trump non esiterà un secondo a muovere tutte queste leve a sua disposizione, proprio perché è straconvinto che il declino americano sia stato prodotto appunto dalla globalizzazione, dal via libera alle merci cinesi, ai tessuti messicani, al parmigiano italiano. Gli esperti hanno calcolato che, in caso di barriere doganali molto estese, l’Italia andrà addirittura in recessione: l’impatto complessivo sarebbe di un paio di punti di Pil in meno, un’enormità.
Non solo. Il neo-presidente è ferocemente contrario a quella che abbiamo definito transizione ecologica e che l’Europa ha convintamente adottato. Gli Usa sono i principali produttori di petrolio al mondo, tra i principali di metano e carbone. Per quattro anni ignoreranno le varie Cop, per quattro anni freneranno sulle rinnovabili, per tutto questo tempo ostacoleranno le importazioni di auto elettriche: sono quasi tutte cinesi, l’industria americana è la più arretrata nel settore.
In più Trump cercherà in tutti i modi di far rientrare le fabbriche delocalizzate, e aprirà i mercati solo a quei produttori che s’insedieranno negli Usa o che utilizzeranno componentistica o produzioni a stelle e strisce. L’avevamo scritto da che parte stava il manico del coltello…
Reagiremo facendo chiudere gli stabilimenti della Coca Cola in Veneto e Abruzzo? Nemmeno un alito di vento gli scompiglierà il ciuffo e noi perderemmo fabbriche e lavoratori. L’Italia è un fortissimo Paese esportatore, di made in Usa non importa in realtà quasi nulla.
Donald Trump sostiene che il benessere europeo si poggia sulle spalle degli americani. E non solo il benessere: pure la pace. Aveva già promesso di mandare in soffitta la Nato, organizzazione per Trump dispendiosa e poco interessante. Forse non lo farà o forse sì. Nel primo caso, dovremo raddoppiare le nostre spese militari come ha già detto a chiare lettere. Nel secondo, l’Europa avrà una forza militare quasi nulla, basata solo sulla dissuasione nucleare francese. Quindi tutti miliardi che finiranno in aerei bombardieri, carri armati, droni sofisticati… sottratti a spese sociali, pensioni, istruzione, sanità.
Queste le ragioni per cui tutti i governanti europei, di qualsiasi colore politico, si sono complimentati con il neo-presidente americano e, una volta messo giù il telefono, hanno preso a testate il muro più vicino. Sul quale stava scritto: mala tempora currunt.