Lavoro: cresce l’occupazione in apprendistato. E' di 569.264 il numero medio di rapporti

Nel 2022 variazione positiva del 4,5% rispetto al 2021. L’incremento riguarda tutte le ripartizioni geografiche, più alto nel Centro (+6,2%), seguito da Nord (+4,2%) e Mezzogiorno (+3,3%). È quanto emerge dal XXII Rapporto di monitoraggio dell’Apprendistato realizzato dall’Inapp per conto del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Lavoro: cresce l’occupazione in apprendistato. E' di 569.264 il numero medio di rapporti

Cresce l’occupazione in apprendistato. Nel 2022 il numero medio di rapporti di lavoro è pari a 569.264, con una variazione positiva del 4,5% rispetto al 2021. L’incremento riguarda tutte le ripartizioni geografiche, più alto nel Centro (+6,2%), seguito da Nord (+4,2%) e Mezzogiorno (+3,3%). È quanto emerge dal XXII Rapporto di monitoraggio dell’Apprendistato realizzato dall’Inapp (Istituto per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) per conto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, presentato oggi a Roma.

I dati evidenziano il rafforzamento dell’occupazione complessiva in apprendistato, contestualmente alla ripresa economica ed occupazionale dalla grave crisi pandemica. L’incremento registrato nel 2022 rispetto al 2021 riguarda anche tutte le tipologie di cui si compone l’apprendistato: particolarmente accentuato nel primo livello (+14,8%) e nel terzo livello (+11%), mentre è più contenuto nel professionalizzante (+4,3%).
Si conferma anche l’andamento positivo delle assunzioni e delle trasformazioni del contratto: nel corso del 2022 i rapporti di lavoro avviati sono 365.886 (+11,6% rispetto al 2021), mentre i rapporti di lavoro trasformati da apprendisti in operai o impiegati a tempo indeterminato sono 114.554 (+4,4% rispetto al 2021).

Continua tuttavia ad aumentare anche il numero di cessazioni dei rapporti di lavoro in apprendistato, 222.314 (+15,4% rispetto al 2021). Di queste, come negli anni precedenti, la stragrande maggioranza (73,1%) è dovuta a dimissioni, mentre il 20,5% è imputabile a licenziamenti e il 6,5% ad altre cause.
Per quanto riguarda la formazione pubblica in apprendistato programmata da Regioni e Province autonome, nel 2022 gli apprendisti iscritti alle attività formative sono 120.228, con una riduzione di circa il 25% rispetto al 2021. Il decremento riguarda esclusivamente gli iscritti con contratto di apprendistato professionalizzante (-27,8%). Aumentano invece gli iscritti alle attività formative con contratto di primo e terzo livello: nel 2023 gli apprendisti con contratto di primo livello partecipanti alla formazione sono 9.586 (+7,8% rispetto all’annualità precedente); gli apprendisti con un contratto di terzo livello in formazione sono 1.417 (+63,2% rispetto al 2022).

“Restano tuttavia elementi di criticità sui quali appare opportuno intervenire – ha affermato Natale Forlani, presidente dell’Inapp – primo tra i quali il problema dei divari territoriali: quasi il 90% degli apprendisti di primo livello si trova al Nord e oltre la metà degli apprendisti del professionalizzante iscritti ai percorsi di formazione si concentra in sole 3 regioni: Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte”.

La situazione europea

“Mentre l’Italia vive queste criticità – si legge nel Rapporto - nei Paesi Ue che investono per promuovere il duale si assiste a un riposizionamento dello strumento, in forme differenziate e nuove ibridazioni, verso l’istruzione superiore non accademica e terziaria che mantiene così una capacità attrattiva nei confronti dei giovani e delle imprese e contribuisce all’innovazione del sistema produttivo”.

Un’altra linea di tendenza, sostenuta anche dal cambiamento demografico, che si registra in diversi Paesi Ue che investono nell’apprendistato, è l’utilizzo del duale per supportare processi di upskilling e reskilling dei lavoratori adulti (over 25enni).
Tra i fattori che favoriscono la diffusione dell’apprendistato per gli adulti, la promozione della flessibilità dell’offerta formativa (attraverso la personalizzazione dei percorsi individuali e il riconoscimento delle competenze già acquisite dagli adulti), la costruzione di schemi di remunerazione non penalizzanti per gli adulti nonché la credibilità del sistema di qualificazioni rilasciate nell’ambito dell’istruzione e formazione e alto valore d’uso nel mercato del lavoro.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)