Canzone come ricerca di senso. Può ancora essere utile la distinzione tra una musica seria, “classica” e una leggera e di consumo?

“Luci sul palco. La musica dei cantautori, spiraglio sull’infinito” dell’esperto di musica barocca, jazz e rock, e musicista lui stesso (collabora con l’Orchestra Popolare Italiana di Ambrogio Sparagna) Claudio Zonta, padre gesuita

Canzone come ricerca di senso. Può ancora essere utile la distinzione tra una musica seria, “classica” e una leggera e di consumo?

Che cosa può la musica nel devastante impatto tra natura e consumo del nostro oggi? Può ancora essere utile la distinzione tra una musica seria, “classica” e una leggera e di consumo? Una musica che comunica l’amore per la natura, il disorientamento dell’uomo contemporaneo, la fame e la sete da un’altra parte del pianeta mentre noi facciamo la fila di fronte ad un negozio di grandi marche che sta per iniziare la promozione o per vendere un nuovo paio di jeans firmati è sul serio leggera, o ci siamo persi qualche passaggio?

Sono queste le domande che bussano alle nostre porte alla fine della lettura di “Luci sul palco. La musica dei cantautori, spiraglio sull’infinito” (Ancora, 155 pagine, 15 euro) dell’esperto di musica barocca, jazz e rock, e musicista lui stesso (collabora con l’Orchestra Popolare Italiana di Ambrogio Sparagna) Claudio Zonta, padre gesuita. Che non solo ci aiuta a ricordare i grandi che hanno fatto la nostra musica, ma anche la poesia -un tempo esse erano una sola cosa-  e quindi Battiato, Jannacci, Gaber, ma anche Dalla, Guccini, De Andrè, Fossati, Gianmaria Testa e Giuni Russo. Con un capitolo che merita una lettura a parte, dedicato al femminile nella canzone, che apre un autentico universo, e che dimostra quanto la musica d’autrice affondi le sue radici nei grandi temi del cibo, dell’acqua, della comprensione profonda, della solitudine, della ricerca d’assoluto.

Fa molto bene Zonta a parlare di Saba Anglana, cantautrice italo-somala che soprattutto con la canzone -e il relativo video, necessario per i nostri sazi sguardi d’occidente- “Biyo”, ci ammonisce a cambiare strada, a guardare non più e non solo il nostro annoiato consumismo, ma a quanto alcuni beni cui non facciamo più caso come appunto biyo, l’acqua, siano drammaticamente essenziali per la sopravvivenza, costringendo alcune popolazioni a macinare chilometri per portare a casa quella “sorella”, come la chiamò genialmente san Francesco.

Il viaggio che emerge in molti non è solo quello del grande mare che avremmo attraversato, per citare uno stupendo lavoro di Ivano Fossati, ma anche quello dell’interiorità alla ricerca d’assoluto e quello metropolitano tra la stanza d’affitto e la fabbrica, come in altri capolavori: “Vincenzina e la fabbrica” e “Prendeva il treno” di Enzo Jannacci, un medico-cantautore che meriterebbe una profonda riscoperta, anche perché denunciò la sete di denaro di alcuni suoi colleghi che chiedono al povero paziente “venti milioni sapendo che male che vada c’è sempre la colletta”.

È il viaggio che sembra terreno quello cantato da Lucio Dalla in “La casa in riva al mare”, la storia di un uomo in carcere che vede in lontananza una donna e spera di raggiungerla un giorno. E che si perde nel cielo. Anche quando Dalla partecipa a Sanremo (cosa che fece storcere il naso ad alcuni) e canta 4 marzo 1943, in cui si parla di prostitute, ladri, giocatori di carte, oltre che di Gesù Bambino, (che avrebbe dovuto essere il vero titolo, censurato anch’esso), le cose non risultano così semplici, perché quella canzone richiama, come ricorda Zonta, il Vangelo di Matteo con il suo “i pubblicani e le prostitute vi passano davanti nel regno di Dio”.

I riferimenti al cielo e all’andarsene via sono frequenti: Giuni Russo con alcune sue creazioni e con la sua vita stessa, spezzata troppo presto da una malattia, ha mostrato una spasmodica, sincera ricerca religiosa culminata con il suo avvicinamento alla spiritualità carmelitana.

Il viaggio attraverso la città e i mari, -molti autori si sono piegati sul dolore delle popolazioni costrette ad attraversare i mari-, è anche, ci mostra l’autore, una componente fondamentale di quella che un tempo era musica “leggera”.

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Fonte: Sir