Festival di Sanremo: i momenti salienti della seconda serata
Ieri la seconda serata del Festival all'insegna della vita e della bellezza che riesce a sprigionare anche nei momenti più difficili. Il coraggio e la saggezza di Bianca Balti con il suo hashtag "La vita è bella". La risposta al bullismo di Lucio Corsi e l'indice puntato di Willie Peyote contro la superficialità "il peccato di quest’epoca". E poi la lettera della madre di Achille Lauro, inviata dall'artista ai giornalisti all’1.47 di notte
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Grande emozione, a inizio della seconda serata del Festival di Sanremo, non appena Carlo Conti ha presentato la co-conduttrice Bianca Balti. La top model lodigiana, 40 anni il prossimo mese, aveva annunciato a settembre il tumore ovarico, poi operato. La testimonial di tanti brand di lusso ha dato una vera e propria lezione di saggezza, coraggio e forza d’animo: “Il cancro mi ha dato la possibilità di trovare la bellezza attraverso gli ostacoli della vita. ‘La vita è bella’ è l’hashtag che utilizzo sempre sui social media. Con la mia presenza non voglio raccontare il dolore, non che non ci sia stato in questi mesi.
Voglio divertirmi e celebrare la vita.
Non mi vergogno di chi sono ora, sono grata per ciò che la vita mi offre ogni giorno”, ha dichiarato. Fiera della testa calva che ha mostrato senza indugio, piena di energia, gioiosa e bellissima, un lungo applauso e tanti apprezzamenti l’hanno accompagnata mentre scendeva dalla scalinata. Anche nell’ultima uscita, quando indossava uno splendido abito che mostrava la cicatrice sul ventre.
Sconfiggere il bullismo. Molti applausi anche per Lucio Corsi, folletto dal talento e dalla sensibilità rare con la chitarra sempre con sé, per essere pronto a cantare e suonare appena gli arriva l’ispirazione. È lui, a sorpresa, uno degli artisti più interessanti in gara.
“Volevo essere un duro, che non gli importa del futuro. Un robot, un lottatore di sumo. Però non sono nessuno, non sono nato con la faccia da duro. Ho anche paura del buio. Se faccio a botte le prendo, così mi truccano gli occhi di nero”,
spiega il menestrello maremmano, classe 1993, in “Volevo essere un duro”. Brano che dovrebbe essere ascoltato a scuola: la gentilezza, l’accoglienza delle differenze e il valore dell’unicità sconfiggono il bullismo. Aggiunge il cantautore: “Poche persone diventano ciò che sognavano da bambini o ciò che il mondo vorrebbe diventassero. È assurdo diventare come il mondo ci vuole e a volte sogniamo di essere cose che alla fine non sono così tanto meglio di ciò che siamo”.
Il peccato della superficialità. Convince anche il messaggio che dal palco dell’Ariston lancia Willie Peyote, 39 anni, torinese. Vincitore a Sanremo del premio della critica Mia Martini nel 2021 per il brano “Mai dire mai (La locura)”, con “Grazie ma no grazie” regala al pubblico un contenuto originale su cui riflettere: “Affrontare le prove che ogni giorno ci si presentano con ironia, tra opinioni non richieste, meme viventi e tormentoni stantii.
La superficialità è il peccato di quest’epoca.
In un mondo che cambia sempre più velocemente, che spesso va in una direzione in cui non riusciamo a riconoscerci e forse nemmeno a capire del tutto, rivendichiamo indipendenza di pensiero e d’azione. Contro il conservatorismo e la paura del cambiamento: sono a favore delle manifestazioni. La libera espressione è indispensabile. I miei maestri sono Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Paolo Conte, non ho inventato niente. Punto il dito, ma con un tocco di spirito”.
Giovani incoscienti, ma con un grande cuore. Tra le performance di maggiore impatto, da segnalare quella di Achille Lauro. Merito del carisma e dello stile da perfetto dandy del 34enne cantautore romano ma, soprattutto, dell’interpretazione che ha amplificato la potenza e l’intensità di “Incoscienti giovani” rispetto al debutto. Al punto che l’artista ha inviato una mail ai giornalisti all’1.47 di notte. Inoltra la lettera della madre, scritta di getto a fine serata. Ne riportiamo alcuni passi, che valgono più di una conferenza in sala stampa: “Lauro ha sempre avuto una fissazione per la scrittura. Ho capito presto che per lui scrivere era un modo per superare momenti difficili. Lauro è cresciuto in casa con ragazzi che non erano miei figli, ma che ho accolto come tali. Figli di storie difficili e case famiglia dove io facevo volontariato.
È cresciuto insieme alle ragazze di strada, ricordo quando andavo di notte sui marciapiedi con don Giovanni a convincerle a scappare da quella vita e a trovare un posto sicuro, e molte volte, restavano a casa nostra.
È cresciuto con i suoi amici, ragazzi con famiglie inesistenti, errori alle spalle, rabbia dentro. Giovani incoscienti, ma con un grande cuore. Oggi Lauro è adulto e insieme cerchiamo di sostenere tutti quei posti dove ci sono ragazzi che hanno bisogno: dagli ospedali, alle comunità e ovunque ci sia necessità”.
Cristina Marinoni