Italia agricola e Italia industriale, ma quale futuro?. Per il 64% degli italiani l’agricoltura incarna più il futuro che il passato
Due ricerche sul sentire degli italiani nei confronti dell’economia pongono molto interrogativi sull’informazione e sulla percezione della realtà economica
L’Italia della crisi e – parrebbe – dello smarrimento sociale e culturale, promuove l’agricoltura e boccia l’industria. Così sembra leggendo alcuni dei risultati di ricerche che in questi ultimi tempi sono state rese note. Indagini che, partendo da punti di vista diversi, sono arrivate tutto sommato alle stesse conclusioni (almeno in parte) ma che, in ogni caso, devono essere ben comprese e valutate.
Per il 64% degli italiani l’agricoltura incarna più il futuro che il passato. Così dice un rapporto Coldiretti/ Censis discusso nel corso della giornata conclusiva del Forum dell’Agricoltura e dell’Alimentazione a Villa Miani a Roma organizzato in collaborazione con The European House – Ambrosetti. Un’indicazione che naturalmente i coltivatori diretti hanno fatto subito loro sottolineando che gli italiani avrebbero capovolto “lo stereotipo del passatismo rurale che ha caratterizzato gli anni passati, tanto che i più accesi sostenitori delle campagne sono coloro che vivono nelle grandi città oltre i 500mila abitanti”. Un numero tra tanti: il 75% degli adulti e degli anziani sarebbe contento se i figli o i nipoti scegliessero di lavorare nei campi. La stessa indagine rileva poi che l’89% nutre fiducia negli agricoltori. Un dato questo, che parrebbe indicare, nell’analisi effettuata da Coldiretti una sorta di alleanza tra “gli italiani” e gli agricoltori, soprattutto in un periodo come questo, caratterizzato da grandi lotte tra i contadini o e le istituzioni europee. Temi come la richiesta di un cibo “tracciabile”, sicuro, salutare e sostenibile sono d’altra parte più che condivisibili. Così come quello, ad esempio, della rivendicazione del principio di reciprocità delle regole di produzione e di scambio.
Un’altra ricerca – il “Monitor sul lavoro” di Federmeccanica – arriva, come si è detto, a delineare parzialmente gli stessi risultati ma partendo da un diverso punto di vista: la visione dell’industria e dell’industria metalmeccanica in particolare. In questo caso, viene rilevato che per la grande maggioranza degli italiani l’industria non ha futuro. Guardando alle proiezioni, infatti, ciò che stimolerà la crescita nei prossimi anni per gli italiani saranno il turismo (30,5%) e il commercio (16,0%). Solo il 15,7% crede ancora nell’industria. Mentre – ed è la differenza sostanziale con l’indagine di Coldiretti/Censis – solo il 14,1% crede ancora in un futuro agricolo. L’indagine di Federmeccanica poi precisa quanto il sentire della popolazione sia comunque lontano dalla realtà dei fatti: l’Italia è, infatti, ancora oggi una delle potenze industriali del mondo, per questo, per esempio, siede nel G7 dei paesi più industrializzati al mondo mentre è eco da a livello europeo. Da qui l’indicazione di una dissonanza cognitiva tra la realtà dei fatti e il sentire della gente.
Ma cosa indicano in realtà queste ricerche? Al di là dei numeri, certamente un cambio di visione generale dell’economia del Paese ma, poi, un disequilibrio delle prospettive colte dalle persone. Con ragione, l’indagine di Federmeccanica parla di dissonanza cognitiva: una condizione che vale un po’ per tutti i comparti economici, anche per l’agricoltura e l’agroalimentare quindi. Non è realizzabile, infatti, un’Italia solo o quasi agricola come verrebbe da pensare guardando ai dati di Coldiretti/Censis. Non è d’altra parte realistico ipotizzare un futuro fatto solo di turismo e commercio a scapito di industria e agricoltura come delineato dall’indagine Federmeccanica. Che la realtà stia nel mezzo è evidente. Che occorra prendere questi studi con grande attenzione, anche. Poi c’è la confusione degli italiani che emerge in entrambe le ricerche. Indagini che, in ogni caso, pongono un problema: la necessità di sviluppare politiche economiche (industriali e agricole) che siano attente alle necessità di sviluppo di entrambi i settori ma che pongano attenzione anche ad una corretta informazione sugli stessi.