Papa in Madagascar: “La povertà non è una fatalità”
La visita alla "Città dell'amicizia" e la messa al Campo diocesano Soamandrakizay, davanti a un milione di persone, tra i momenti salienti del viaggio del Papa in Madagascar, seconda tappa del viaggio in Africa. "La povertà non è una fatalità", il grido sotto forma di appello: "La disoccupazione sparisca dalla società". "Il cristiano non può stare a braccia conserte", il monito. "Non può esserci un vero approccio ecologico né una concreta azione di tutela dell'ambiente senza giustizia sociale", la tesi sulla sostenibilità ambientale
“La povertà non è una fatalità”. Papa Francesco pronuncia questa frase davanti al miracolo terreno compiuto da un suo ex alunno, padre Pedro Opeka. È lui che, alla periferia di Antananarivo, da un ex discarica ha fatto sorgere la “Città dell’amicizia”, oggi popolata di 25mila persone che ora hanno un lavoro dignitoso, una casa, le scuole per i loro figli, l’ospedale. In Madagascar, dove il 70% della popolazione – perlopiù giovane – vive al di sotto della soglia di povertà, la cava di pietra di Akamasoa diventa l’occasione per pronunciare un’intensa preghiera per i lavoratori: “Dio di giustizia, tocca il cuore di imprenditori e dirigenti: provvedano a tutto ciò che è necessario per assicurare a quanti lavorano un salario dignitoso e condizioni rispettose della loro dignità di persone umane. Prenditi cura con la tua paterna misericordia di coloro che sono senza lavoro, e fa’ che la disoccupazione – causa di tante miserie – sparisca dalle nostre società”. “Quanti uomini e donne, giovani, bambini soffrono e sono totalmente privi di tutto! Questo non fa parte del piano di Dio”, il grido del Papa dal Campo diocesano di Soamandrakizay, mentre celebra la Messa davanti a un milione di persone. “Il cristiano non può stare a braccia conserte” di fronte alla povertà, aggiunge esortando a combattere le “idolatrie” del potere, della carriera e del denaro, così come “ogni ideologia che finisce per strumentalizzare il nome di Dio o la religione per giustificare atti di violenza, di segregazione e persino di omicidio, esilio, terrorismo ed emarginazione”.
I temi sociali e politici sono al centro già del primo discorso in terra malgascia, rivolto alle autorità. “Lottare con forza e determinazione contro tutte le forme endemiche di corruzione e di speculazione che accrescono la disparità sociale e ad affrontare le situazioni di grande precarietà e di esclusione che generano sempre condizioni di povertà disumana”, l’appello di Francesco, che chiede di “introdurre tutte le mediazioni strutturali che possano assicurare una migliore distribuzione del reddito e una promozione integrale di tutti gli abitanti, in particolare dei più poveri”.
Nel corso dell’incontro con i vescovi del Paese, nella cattedrale di Antananarivo, il Papa fotografa così le contraddizioni del Paese: “Una terra ricca con molta povertà; una cultura e una saggezza ereditate dagli antenati che ci fanno apprezzare la vita e la dignità della persona umana, ma anche la constatazione della disuguaglianza e della corruzione”. “La collaborazione matura e indipendente tra la Chiesa e lo Stato è una sfida continua”, spiega esortando ad una “proficua collaborazione con la società civile” che “include la preoccupazione per tutte le forme di povertà: non solo assicurare a tutti il cibo, o un decoroso sostentamento, ma che possano avere prosperità nei suoi molteplici aspetti”.
Tutto ciò, spiega Francesco tramite un elenco dettagliato, “implica educazione, accesso all’assistenza sanitaria, e specialmente lavoro, perché nel lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita”.
“Il giusto salario permette l’accesso adeguato agli altri beni che sono destinati all’uso comune”, sostiene il Papa.
“Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale”. In Madagascar, paradiso naturale, quarta isola del mondo per grandezza, Francesco dal palazzo presidenziale di Antananarivo cita la Laudato si’ per riaffermare che “non possiamo parlare di sviluppo integrale senza prestare attenzione alla nostra casa comune e prendercene cura”. “La vostra bella isola del Madagascar è ricca di biodiversità vegetale e animale, e questa ricchezza è particolarmente minacciata dalla deforestazione eccessiva a vantaggio di pochi”, la denuncia del Papa, secondo il quale “il suo degrado compromette il futuro del Paese e della nostra casa comune”. Incendi, bracconaggio, taglio incontrollato di legname prezioso, ma anche contrabbando e esportazioni illegali: la lista delle minacce alla biodiversità animale e vegetale è chirurgica.
“Non può esserci un vero approccio ecologico né una concreta azione di tutela dell’ambiente senza giustizia sociale”, la tesi sulla sostenibilità ambientale.
Davanti a 130 suore contemplative, radunatisi nel monastero di San Giuseppe, Francesco illustra la morale non di una favola, ma di una storia autentica. Consegnando il testo scritto per l’occasione, racconta a braccio la storia di due suore – una giovanissima e una vecchia – e solo alla fine rivela il nome della suora giovane: Santa Teresa di Lisieux: “Questa Teresa adesso accompagna un vecchio: lei mi ha accompagnato ad ogni passo, mi accompagna. E’ un’amica fedele”. “Non staccarsi dal popolo”, l’imperativo raccomandato incontrando il clero nel Collége Sant Michel: no ai “professionisti del sacro”.
Uno dei valori fondamentali della cultura malgascia è racchiuso in una parola: fihavanana, usata dal Papa nella lingua locale fin dalle sue prime parole nel Paese. Il suo significato, intraducibile in italiano, ha a che fare con la coesione, la solidarietà, la fraternità. Come quella tra Francesco e il suo “popolo giovane”, che durante la Veglia al Campo diocesano di Soamandrakizay, al termine del suo discorso, lo ha amabilmente accerchiato, a sorpresa, sul palco per farlo ballare. “Nessuno può dire: non ho bisogno di te”, attraverso di voi il futuro entra nel Madagascar e nella Chiesa”, aveva detto poco prima il successore di Pietro.