Nota Politica. La fiducia nel capo dello Stato
Ogni governo che si costituisce diventa sempre un governo del Parlamento perché è lì che trova la sua legittimazione democratica attraverso la “fiducia”.
In questo periodo d’incertezza e di preoccupazioni, in tanti hanno riposto la loro fiducia nelle scelte del capo dello Stato, nella sua capacità di individuare la strada migliore – e concretamente praticabile – per il Paese. Fiducia non solo per il suo ruolo istituzionale, che alla luce della Costituzione si manifesta con particolare evidenza proprio nel caso di una crisi di governo, ma anche per la stima nella persona che quel ruolo sta ricoprendo in questi anni così travagliati eppure così desiderosi di futuro. Ancora una volta questa fiducia è stata ben riposta perché Sergio Mattarella è riuscito a sbloccare una situazione che sembrava incartata al punto da non avere altro sbocco possibile che le elezioni anticipate. Evento che sarebbe stato materialmente incompatibile con le tre emergenze in atto – sanitaria, economica e sociale – come lo stesso presidente della Repubblica ha tenuto scrupolosamente e pubblicamente a documentare. E che avrebbe esposto il Paese, già colpito dalla brusca interruzione – in piena pandemia – dell’attività del governo precedente, a rischi incalcolabili.
E’ la terza volta che in questa legislatura il capo dello Stato si trova alle prese con la nascita di un nuovo esecutivo. La prima è stata subito dopo le elezioni del marzo 2018, il cui esito aveva determinato un completo sconvolgimento degli equilibri parlamentari tradizionali. La seconda è stata nell’estate del 2019, in seguito all’improvviso smarcamento del leader della Lega, Matteo Salvini, dalla maggioranza giallo-verde. La terza è cronaca di queste settimane, con la decisione di Matteo Renzi di portare Italia Viva fuori dalla coalizione su cui poggiava il secondo governo Conte, l’esecutivo che si è trovato a fronteggiare la tragedia della pandemia. In tutti e tre i casi, pur nella diversità delle situazioni, Mattarella ha seguito un percorso limpido, esplorando personalmente e attraverso incarichi ad hoc tutte le soluzioni teoricamente in campo. Ha dato tempo o ha pressato gli interlocutori avendo come unica bussola gli interessi del Paese.
Stavolta, di fronte al consumarsi di tutte le ragionevoli combinazioni parlamentari e allo stallo tra i partiti, ha dovuto assumere direttamente un’iniziativa, facendo appello a tutte le forze politiche. Nel lessico corrente si parla di “governo del Presidente” proprio perché sua è l’iniziativa originaria. Ma ogni governo che si costituisce diventa sempre un governo del Parlamento perché è lì che trova la sua legittimazione democratica attraverso la “fiducia” espressa dai rappresentanti dei cittadini. Questo vale anche per il governo Draghi, che nasce circondato da grandi attese dentro e fuori l’Italia, data l’esperienza, la competenza e l’indiscusso prestigio internazionale del premier. La speranza è che sia messo nelle condizioni di lavorare efficacemente e per il tempo necessario. Le “gravi emergenze non rinviabili” che hanno spinto il capo dello Stato ha chiamarlo dalle “riserve” della Repubblica interpellano la responsabilità di tutti.