Non perdiamoci. In questo momento la scuola è chiamata a continuare a essere un punto di riferimento per i ragazzi
In un certo senso questa emergenza sta offrendo nuovi “spazi” educativi da esplorare e diventa un vero e proprio banco di prova.
Nel frattempo i docenti cercano di misurarsi e attrezzarsi con i potenti mezzi della didattica on-line. In realtà di e-learning si parla ormai da diversi anni. Se andiamo indietro col tempo, troveremo delle tracce di formazione “a distanza” perfino ai primi del Novecento, soprattutto negli Stati Uniti, dove esistevano i “corsi per corrispondenza” da svolgere attraverso dispense e test da “crocettare” e rispedire, sempre tramite posta ordinaria.
Oggi le piattaforme a disposizione e gli strumenti digitali sono svariati e offrono grandi possibilità. Si parla di ambienti digitali come di una svolta della didattica tradizionale e anche di un modo efficace, da parte della scuola, di adeguarsi al passo della realtà. I ragazzi sembrano rispondervi con interesse, o almeno entusiasmo iniziale. In un certo senso questa emergenza sta offrendo nuovi “spazi” educativi da esplorare e diventa un vero e proprio banco di prova.
Intanto ci troviamo a confrontarci realmente con il concetto stesso di classe “acquario”, o per meglio dire virtuale. In questo ambiente un po’ cambiamo le variabili e anche l’approccio degli studenti alle discipline. Si scopre una maggiore intraprendenza da parte di alcuni e anche uno spirito di partecipazione, che magari prima era assente, da parte di altri. L’e-learning può cambiare le dinamiche relazionali del gruppo. Soprattutto, forse, questa parentesi di approfondimento digitale ci offrirà degli spunti di riflessione e dei suggerimenti sulla scuola “ordinaria”, magari da mettere in pratica quando torneremo a sederci fra i banchi veri.
In questo momento emergenziale sembrano crearsi ancor di più le condizioni favorevoli per il cooperative learning e non solo fra discenti, anche con gli insegnanti alle prese con le insidie della tecnologia che trovano supporto in alcuni casi proprio fra i digital kids.
Torna ancora in mente, per l’ennesima volta, il concetto di scuola inclusiva e stavolta l’inclusione riguarda una situazione sanitaria grave da gestire a tutti i livelli, che alla scuola chiede soprattutto flessibilità. Inclusione, quindi, è anche in questo momento la parola chiave.
Sembra di assistere a un rovesciamento di prospettiva. Si cerca rifugio nel mondo virtuale e ci si dà appuntamento su chat, videoconferenze, socialnetwork per continuare il nostro lavoro. Il mondo fuori, al momento, deve essere evacuato.
Siamo pronti a partire con questo esperimento. Certo il clima non è sereno e la preoccupazione pesa su tutto ciò che facciamo, ma anche queste nuove emozioni ci aiuteranno probabilmente a cavare da questa esperienza corale – oltre agli insegnamenti relativi alle diverse discipline – una lezione ancora più profonda.
Resta da aggiungere che, in questo momento, più che mai la scuola è chiamata a continuare a essere un punto di riferimento per le famiglie e soprattutto i ragazzi. Continuare a “tenere il filo” in un momento di agitazione come questo è un dovere civico, oltre che una questione di deontologia professionale. La scuola può servire a rasserenare gli animi e a riempire il vuoto della solitudine di chi è in quarantena. Soprattutto la scuola deve contribuire a rendere il clima respirabile e umano, a mantenere in vita il pensiero critico che è alla base dell’equilibrio umano.
Torneremo a gremire le nostre aule reale con maggiore entusiasmo, dopo questa vicenda, e custodiremo nel nostro cuore, finalmente, la certezza di quanto sia importante la quotidianità e il privilegio di alimentare i nostri bisogni in maniera sana. Tra di essi, non ultimo, il nostro desiderio di conoscenza.