Nella ripresa post-Covid non può mancare l’edilizia: la rigenerazione urbana entri nell’agenda Draghi
Quando (speriamo presto) la pandemia sarà conclusa, non torneremo alla condizione di prima. Staremo meglio o staremo peggio. Certo, molto dipenderà da tutti noi, dai nostri comportamenti, dalle nostre scelte, dal cuore e
dalla lungimiranza di chi ci governerà.
Rispetto ad altri Paesi l’Italia manifesta alcuni svantaggi: pochi giovani e tanti anziani (è mancata una seria politica demografica), nonché un enorme debito pubblico, cresciuto fortemente nell’ultimo anno con i costi della
pandemia.
È un momento decisivo per le sorti del nostro Paese. Bene ha fatto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a dare l’incarico per formare il governo al Professor Mario Draghi. Confido in un Governo dei migliori, composto da personalità concrete, impegnate e che abbiano il coraggio di pensare in grande, con uno sguardo a breve, medio e lungo termine. L’Europa ci ha indicato gli obiettivi da raggiungere, e si è impegnata a fornirci le risorse necessarie, mai così tante a disposizione nella nostra storia. Allora non si deve sbagliare!
Come aveva spiegato il professor Mario Draghi al Meeting di Rimini nell’agosto 2020, vi è un debito buono e un debito cattivo. Ma cosa distingue i due debiti? Il primo debito è il debito che porta a sostenere la natalità e a formare i giovani. È il debito che ha un effetto produttivo e moltiplicatore delle risorse pubbliche. Il debito cattivo, invece, contempla il mero assistenzialismo, l’improduttività e l’aumento dei costi e degli adempimenti burocratici.
Ai giovani che vogliono va data la possibilità di formare una famiglia, di prendere un appartamento in affitto o di comperarlo, di mettere al mondo dei figli e di poterli crescere. I giovani devono avere stipendi e salari più alti degli attuali e devono poter avere a disposizione quei servizi necessari per l’accrescimento e l’educazione dei figli.
Per quanto l’epidemia di Covid-19 sia stata negativa, ci ha fatto scoprire alcune possibilità interessanti destinate a impattare nella nostra quotidianità anche in futuro. Nei mesi del Coronavirus abbiamo scoperto che è possibile, da remoto, partecipare ad incontri, seguire convegni, lavorare da casa. Alcuni spostamenti non saranno più necessari, altri diminuiranno. Non si tornerà più al mondo di prima, specie nel lavoro.
Assisteremo a una ricomposizione, e dunque, proprio per questo, alcune attività non ripartiranno. Chi ha perso e chi ancora perderà il lavoro dovrà essere riqualificato e ricollocato: alcuni settori, infatti, ripartiranno più velocemente e avranno bisogno di nuovi lavoratori.
Per l’Italia, in modo particolare, sarà cruciale la ripartenza del mondo industriale e il rinnovamento di un’agricoltura ancora più sana e in grado di riconoscere originalità e specificità. Anche il turismo, dopo la batosta del lockdown, ripartirà con slancio, perché l’Italia rimane il Paese più turisticamente attrattivo al mondo.
Ma non ci sarà vera ripresa senza il contributo del settore dell’edilizia, chiamato in questo contesto a migliorare la qualità del costruito, trasformando il patrimonio immobiliare in edifici più sicuri, meno energivori, meno inquinanti e capaci di produrre loro stessi energia da fonti rinnovabili. Proprio nel settore dell’edilizia, molto più che altrove, la manodopera italiana è minima, ma la formazione di nuovi lavoratori è possibile, e anche in tempi non lunghi.
Bisogna consentire alle imprese e alle cooperative edilizie di lavorare, cancellando ogni adempimento non necessario: tra i tanti adempimenti appesantiti da legislazioni assurde ricordiamo la trascrizione dei preliminari, un vero doppione di tutela per gli acquirenti, già beneficiati della fideiussione. Va stabilizzata una fiscalità che incentivi la messa in sicurezza sismica e la ristrutturazione edilizia, che agevoli le famiglie che acquistano alloggi antisismici o alloggi che si trovano all’interno di edifici integralmente ristrutturati.
Oltre agli incentivi sul superbonus del 110%, serve una legge sulla rigenerazione urbana e con i fondi del PNRR la realizzazione di almeno 400 programmi di rigenerazione urbana sotto la regia degli enti locali e con il coinvolgimento degli operatori del settore. Serve poi l’avvio di un ragionamento per le città in cui la forte pressione turistica e l’investimento immobiliare hanno di fatto espulso le famiglie dal loro territorio, come è successo a Venezia insulare e a molti centri storici e turistici. In particolare per la città storica di Venezia occorre un programma che individui nuove attività lavorative e perché sull’esempio delle case realizzate a Cortina d’Ampezzo, venga rinvenuto un patrimonio abitativo a costi contenuti per le famiglie del ceto medio, patrimonio del tutto sottratto alla deriva speculativa e turistica.
Claudio Pianegonda
presidente Confcooperative Habitat Veneto