Nel Mezzogiorno l'industria alimentare cresce molto di più che al Nord
I numeri che indicano il sorpasso del Sud rispetto al Nord agroalimentare sono stati analizzati dall’Ismea.
Il Sud prima del Nord. Capovolgimento della consueta graduatoria. Accade se si guarda alle statistiche dell’industria alimentare. Ed è un segnale importante, che indica quanto l’attività economica del Mezzogiorno possa ancora crescere. Che poi la ripresa passi dall’agroalimentare, è ulteriore segnale della vitalità di un settore che continua a rappresentare un’occasione importante di occupazione.
I numeri che indicano il sorpasso del Sud rispetto al Nord agroalimentare sono stati analizzati dall’Ismea attraverso un’indagine condotta con Fiera di Parma e Federalimentare, sulle 1.526 imprese alimentari dotate di bilancio e fatturato superiore a 10 milioni di euro. E’ un campione significativo di un’eccellenza di comparto che fornisce un’idea affidabile della situazione generale.
Ad indicare il primato basta un dato: il fatturato. Dal rapporto Ismea emerge che, sebbene solo il 23% delle aziende medio-grandi si collochi nel Mezzogiorno (dove prevale una presenza ancora massiccia di imprese medio-piccole), negli ultimi tre anni il fatturato dell’industria alimentare è cresciuto di più nelle imprese meridionali (+5,4%) che in quelle del Centro-Nord (+4,4%). D’altra parte con oltre 344mila imprese agricole e quasi 34mila dell’industria alimentare, questo settore conta il 18,5% del tessuto imprenditoriale del Sud.
Soprattutto è in queste aree che lavora la maggioranza delle aziende dei settori più dinamici come quello delle conserve vegetali e vi è una buona rappresentatività di comparti con buone prestazioni a livello nazionale, come quelli del lattiero-caseario, del vino, dei salumi e delle carni. E non basta, perché è sempre al Sud che si trovano aziende che lavorano prodotti specifici con una crescita molto elevata (e maggiore che nel Centro-Nord) come quelli che fanno capo ai settori del caffè, cioccolato e confetteria (+14%), dei prodotti da forno (+18%), dell’olio (+21%). E, ultimo indicatore ma non per importanza, è al Sud che ci sono le imprese “più giovani” (con meno di 25 anni di attività), in genere più dinamiche, che hanno realizzato una crescita a due cifre del fatturato (+12% contro il +8% nel Centro-Nord).
Certo, accanto a tutto questo ci sono alcune dei problemi che frenano l’ulteriore crescita dell’agroalimentare in generale a del Sud in particolare. Permane, per esempio, un minore grado d’innovazione tecnologica riscontrabile anche dal livello più basso di immobilizzazioni immateriali e finanziarie, continua anche ad esserci una forte dipendenza da fonti esterne di finanziamento che rende difficile l’accesso al credito per ulteriori investimenti.
Quanto indicato dall’andamento dell’industria di trasformazione alimentare al Sud, tuttavia, conferma almeno due cose. Prima di tutto la forza di un settore – quello agroalimentare -, che nel suo insieme riesce comunque a creare occasioni di crescita e quindi di occupazione e di corretto presidio del territorio. Viene poi anche confermata la capacità d’impresa del Mezzogiorno, condizione che deve essere sicuramente valorizzata e sostenuta, tenendo anche conto delle particolari condizioni nelle quali prende forma.
Più in generale, la situazione dell’agroalimentare nel Sud dello Stivale merita un’attenzione forte: è da lì che, per molte aree, possono nascere ulteriori occasioni di sviluppo inclusivo che possono far bene non solo all’economia ma all’intera società che insiste sul territorio. Si tratta di una prospettiva di crescita della quale – se ben gestita – possono beneficiare strati diversi di popolazione.